Sorella di Messalina/Parte terza/XV

XV

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XV.

Nello studio soleggiato Alberto, in camiciotto da lavoro, stretti i fianchi da una cintura di cuoio, i capelli scarmigliati sulla fronte, dipingeva. Sbatteva delle pennellate di cadmio schietto in viso a una figura legnosa, dalle ombre di un cerulo d’acqua-marina e l’intitolava: «Donna nel Sole».

Il campanello squillò ed egli colla tavolozza alla mano, andò ad aprire.

Due uomini stavano sulla soglia. Con viva sorpresa Alberto riconobbe l’uno e l’altro. Il più vecchio — un bell’uomo, alto, aristocratico, sulla cinquantina, era quello stesso che accompagnava Raimonda alla stazione la mattina della Domenica delle Palme. Nell’altro Alberto riconobbe tosto il giovane cieco che aveva veduto al Valentino a braccio di Raimonda. Sotto il feltro a larghe falde facevano due cupe macchie i grandi occhiali azzurri.

Alberto salutò sorpreso e un po’ turbato.

— La importuniamo? — domandò il più anziano dei due, mentre l’altro si teneva fermo sul limitare in atteggiamento rigido. [p. 69 modifica]

— Ma no, no! Tutt’altro, — rispose Alberto.

— Mi chiamo Scotti; — disse il nobiluomo — e questo è mio figlio. Egli desidera parlarle.

— Entrino, prego! — E Alberto stese la mano per guidare nello studio il più giovane dei due; ma questi si ritrasse, tenendo sempre una mano sul braccio del padre.

— C’è qualcuno qui, da lei? — domandò con diffidenza, e la sua voce tremava un poco.

— Nessuno, nessuno! — lo rassicurò Alberto.

Allora i due, tenendosi a braccetto, entrarono.

— Segga, la prego, — fece Alberto, spingendo subito verso il giovane una grande poltrona. Ma quello non ebbe l’aria di accorgersene, e rivolto al padre gli disse a bassa voce qualche parola che Alberto non intese.

Volgendosi al pittore il marchese Scotti disse:

— Mio figlio chiede se Ella può concedergli qualche momento.

— Ma s’imagini! — fece Alberto, sempre più sorpreso.

Allora il vecchio signore salutò cerimoniosamente, e uscì. [p. 70 modifica]

Vi fu un breve silenzio tra i due giovani; indi Alberto spinse di nuovo verso il suo visitatore la grande poltrona di cuoio.

— La prego, segga!

Ma l’altro nuovamente si scansò.

— Grazie, — disse. E soggiunse con una risatina amara: — È curioso che a noi, ciechi, non è mai consentito stare in piedi, neppure un momento. Tutti, non appena ci scorgono, si affrettano a spingerci in una seggiola o una poltrona. È un fenomeno curioso...

— Perdoni, — fece Alberto un po’ mortificato. E rimase anche lui in piedi, in faccia all’altro, turbato da quello sguardo che, pur essendo spento, sembrava fisso in lui.

Dopo un attimo di silenzio il giovane cieco riparlò.

— Ella conosce il mio nome? Mi chiamo Adriano Scotti.

— Felicissimo! — fece Alberto e stese la sua mano. Ebbe poi un momento di umiliata tristezza poichè l’altro non si era accorto di quel gesto. La mano gli ricadde lungo il fianco.

— Ella, se non erro — continuò Adriano Scotti, — sta facendo il ritratto di una signora... di una signora che io conosco...

— La baronessa Ferrari? [p. 71 modifica]

— No, — rispose l’altro, secco secco. — La signora... — esitò, quasi schivo di pronunciarne il nome; — la signora... Rosàlia...

Alberto lo interruppe.

— «Rosàlia»? No. Non conosco Rosàlie.

L’altro parve impazientirsi.

— Come no? Se me l’ha detto la signora stessa...

— Io non conosco alcuna Rosàlia, — ripetè Alberto.

— Lei — insistette l’altro, e la sua voce tremava ancor più, — sta dipingendo una Madonna che è il ritratto di una signora che io conosco.

— Ah! la Madonna di Laghet? Sì, è vero; mi sono infatti inspirato a una signora... un’amica... Ma essa non ha posato per me. E non si chiama Rosàlia. Si chiama Raimonda, — concluse Alberto.

Il cieco crollò nervosamente le spalle.

— Raimonda o Rosàlia... è tutt’uno, — disse impaziente, e Alberto vide sopra gli occhiali azzurri aggrottarsi le fini sopracciglia. Subito si sentì preso da rimorso e da pietà; per un attimo aveva scordato la sventura del suo interlocutore.

— Ebbene? — chiese in tono di maggiore dolcezza: — dato che è così... in che cosa posso io servirla? [p. 72 modifica]

— Anzitutto, — disse il giovane a bassa voce, e un fiotto vermiglio gli salì alle tempia, — mi conduca dove posso... guardare quel ritratto.

Commosso, Alberto lo prese per mano e lo condusse nello studiolo attiguo, dove su di un cavalletto sorrideva blanda la sua Madonna di Laghet, una Madonna dagli oblunghi occhi verdi un poco sciupati, dalle fini narici sensuali, dalla socchiusa bocca che pareva ritoccata al cinabro di Dorin.

— Com’è? — chiese il cieco a bassa voce, e sporgendosi a toccare lievemente colla punta delle dita l’orlo della tela. — Me la descriva.

— È diritta in piedi; sulle spalle ha un manto d’oltremare, — disse Alberto a bassa voce contemplando l’opera sua, la suggestiva figura che di sacro non aveva nulla se non la tenue, nebulosa aureola vagamente accennata dietro alla fine testa moderna. — Ha il sole nei capelli e l’ombra negli occhi. Tiene tra le mani, con sussiego, un teschio, un teschio giallolino chiaro...

— Perchè un teschio? — esclamò il giovane.

— Ma sapete pure, — rise Alberto — in pittura... un buon teschio fa sempre bene. D’altronde se gliel’ho messo tra le mani — [p. 73 modifica] soggiunse, fissando pensieroso il suo quadro — è perchè l’ho proprio veduta così.

— Veduta così? Dove? Quando?

— È venuta qui un giorno, e ha veduto sullo scaffale un teschio. L’ha preso, l’ha tenuto tra le mani... così... per un poco. Poi l’ha baciato...

— Dia qui, dia qui, — interruppe l’altro, stendendo le mani vagamente nel vuoto. — Dia anche a me.

Alberto obbedì; prese dallo scaffale il teschio gialliccio e glielo pose nelle palme. Subito le dita lunghe del giovane lo sfiorarono cercando le vuote orbite degli occhi.

— Anche tu, anche tu sei cieco, — mormorò, chino sul lugubre oggetto; — sei cieco e sei più spaventoso di me. Eppure, ella ti ha baciato! — E abbassando il capo poggiò la fronte sul lucido cranio glabro. Così inclinato non gli si vedevano più gli occhiali, non si vedeva che il giovanile capo adorno di bruni capelli ondeggianti.

E Alberto pensò:

— Che bel quadro, macabro e suggestivo!

L’altro alzò la fronte lievemente arrossata.

— E forse... forse siete cieco anche voi, — disse al pittore — cieco più di me, e più di questo!

Alzò le mani col teschio tondo e [p. 74 modifica] biancheggiante fra le dita. Poi indicando con un cenno del capo la tela:

— Non è, di noi tre, che lei... che lei che vede chiaro!... Noi brancoliamo nel buio. Essa ci guarda... e ride.

Gli sguardi di Alberto andarono dalle vuote occhiaie del teschio agli occhiali azzurri del giovane, e da quelli alle glauche iridi della donna dipinta. Un profondo turbamento, un turbamento come di sogno lo teneva.

Poi mosso da un profondo irresistibile impulso si sporse in avanti verso il pallido giovane; e sopra quel simbolo di morte che li separava, lo baciò in fronte.

· · · · · · · · · · · · · · · ·

Allorchè, un’ora dopo, il marchese Scotti venne a prendere suo figlio, i due giovani si lasciarono con una lunga stretta di mano.

— È promesso?... — chiese Adriano, fermo sul limitare.

— È promesso, — rispose Alberto, a voce bassa.