Sessanta novelle popolari montalesi/XI

XI. Zaccaccia

../X ../XII IncludiIntestazione 17 dicembre 2017 25% Da definire

X XII

[p. 86 modifica]



NOVELLA XI


  • Zuccaccia

(Raccontata dalla Luisa vedova Ginanni)


A un Re che aveva moglie, questa gli s'ammalò a un tratto, sicché in pochi giorni lei 'gli era vienuta in fin di vita; il Re, disperato, steva sempre al capezzale del letto a assistere la su' donna e diceva: - Cara consorte, se tu mori, i' nun vo' più donne d'attorno. I' ti prometto di restar vedovo e piagnerti insin ch'i' campo. La moglie però gli arrispose: - Caro sposo, questo poi no, nun lo dovete fare. I' vi lasso una bambina sola, e vo' siete in nell'obbligo d'avere un erede mastio al trono. Dunque ripigliate moglie; ma pigliate una donna di par vostro, e che gli stia 'n dito quest'anello. E 'n quel mentre che parlava accosì, lei si cavò l'anello da sposa e lo diede al Re, e doppo pochi mumenti rese l'anima a Dio. Il Re lo pigliò l'anello, ma, tutto addolorato per la morte della su' moglie, lo mettiede in una scatolina dientro 'l cassettone e nun ci ebbe sopra più il pensieri, perché lui propio nun voleva daccapo riammogliarsi. La figliola del Re, che alla morte della mamma avrà forse avuto dieci anni, cresceva intanto a vista d'occhio bella e svelta, e la tieneva custodita e in guardia la balia, che da piccina l'aveva rallevata. Quando poi la fu in su i diciassett'anni, un giorno rifrucolando per un vecchio cassettone, trova la scatolina con l'anello che il su' babbo da tanto tempo ci aveva serrato. - Bellino, bellino! La lo piglia e se lo infilza in dito, e gli andeva tanto, che pareva fatto apposta per lei. Subbito la ragazza tutt'allegra corre da su' padre e scrama: - Babbo, babbo! [ [p. 87 modifica]87] guardate il bell'anellino ch'i' ho trovo! E come mi sta bene. Dice il Re: - Oh! figliola mia, 'gli è l'anello della tu' poera mamma. E sai, che mi disse quando lei me lo diede? Mi disse, che dovevo pigliare per isposa quella donna di mi' pari, che l'anello gli stéssi bene in dito. Dunque, la mi' cara figliola, bisogna bene che tu sia la mi' sposa. La ragazza a quel brutto discorso si sentiede tutta rimiscolare; ma il Re gli cominciò a fare delle carezze e a manifestargli delle parole, non più da padre, ma da amante; sicché la ragazza vergognosa e sbigottita la gli scappò a fatica di tra le mane, e diviata se n'andette dalla balia a raccontargli piagnendo quel che gli era successo. Dice la balia: - Nun vi sgomentate, figliola mia; ma, nunistante, badate di nun mettervi 'n contrasto con vostro padre. Date retta a me, ch'i' vi consiglierò a bene. Vo' gli avete a promettere di sposarlo, a patto che vi regali un vestito di seta color d'aria e tutto tempestato con le stelle del cielo. Un vestito a questo mo' nun si trova nel mondo, e voi allora nun siete più nell'obbligo di mantenergli la promessa. Gli garbò quel pensieri alla figliola del Re; sicché dunque va da su' padre e gli fa la richiesta del vestito. Il Re però nun sapeva come contentarla, perché gli pareva 'mpossibile che ci fuss'una stoffa di quella sorta; a ugni mo' chiama il su' servitore fidato e gli dice: - Tonino! piglia quattrini, piglia cavalli, piglia quel che tu vòi e vammi a cercare e compralo un vestito di seta colore d'aria e tempestato con le stelle del cielo. Costi quel che costa! alla spesa nun ci abbadare, ma che tu nun torni senza. Il servitore credette che al su' padrone gli avessi dato di volta 'l cervello; ma nun c'era da ripricare. Monta dunque a cavallo con una borsa piena di munete d'oro, e via a gironi per il mondo alla ventura; ma chiedi di qua, domanda di là, un vestito come lo voleva il Re nun c'era verso che lo trovassi. Bensì un giorno, dopo se' mesi di viaggio invano, il servitore nentra in una città tutta piena d'Ebrei; subbito lui va in una bottega di pannine e dice al mercante: - Che ce l'averesti voi una stoffa di seta per un vestito così e così? Arrisponde l'Ebreo: - Eh! come se ce l'ho. Ce n'ho anco delle più belle. Figuratevi l'allegrezza del servitore! [88] Dunque [p. 88 modifica]gli danno la stoffa per venti scudi d'oro, e lui, 'nsenza 'ndugio, si rimette 'n cammino per vienire dal Re. Arrivato che fu il servitore al palazzo col vestito, il Re mandò a chiamare la figliola. Dice: - Deccoti accontentata. Dunque, via, è tempo che si faccia lo sposalizio. La ragazza ci mancò poco che nun cascass'in terra a quella novità; e quando la potiede scappar via corse dalla balia a raccontargli del vestito trovato. La balia, che di ripieghi nun gliene mancava mai, dice: - Non vi sconfondete, figliola mia; a tutto c'è il su' rimedio, fora che alla morte. Vo' dovete dire a vostro padre, che del regalo nun siete contenta, ma che vi ci vole un altro vestito di seta color d'acqua del mare con dientro tanti pesci d'oro che ci notano. Se c'è nel mondo una stoffa a questo mo' e lui ve la regala, promettetegli allora di sposarlo. La ragazza si racconsolò, e quando fu alla presenzia di su' padre gli disse chiaro, che lei bramava un altro vestito di quella stoffa pensata dalla balia, e insennonò, lui di sposarla mai se lo cavassi pure dal capo. A farla corta, il Re, un po' scontraddetto da que' capricci della su' figliola, diede ordine al solito servitore di mettersi in viaggio, e doppo di molti mesi Tonino riviense a casa col vestito color d'acqua del mare e co' pesci dientro che ci notavano, perché lui l'aveva trovo da quegli Ebrei che gli vendiedano il primo. La figliola del Re a vedersi regalo anco quest'altro vestito rimase lì mutola come una statua, e dalla tanta disperazione nun sapeva più in che mondo si fusse. Va dunque dalla balia e gli racconta la disgrazia. Dice la balia: - Sentite, cara figliola, nun siete per anco al perso e se ne proverà un'altra, e se la nun rinusce a bene, allora si penserà a un rimedio. Andate dal Re e ditegli, che il vestito è bello, ma che per diventare su' sposa vi ce ne vole un altro intessuto tutto di campanelline e catenine d'oro. Se trova poi per il mondo questo pure, 'gli è bravo davvero. La ragazza subbito vienuta in presenzia del Re gli fece la richiesta del terzo vestito, e al Re gli parse dimolto capricciosa la su' figliola; in ugni mo', siccome lui se n'era innamorato e la voleva sposare, di no nun glielo seppe dire. Sicché dunque il Re chiama Tonino, e gli dà ordine che cerchi il vestito tutto campanelline e catenine d'oro, e lo compri anco [ [p. 89 modifica]89] se costa un tesoro; il servitore in sul mumento si mettiede per il terzo viaggio e doppo se' mesi, deccotelo che porta a casa il vestito come l'aveva domandato la figliola del Re. Quando la ragazza vedde tra le mane di su' padre il vestito tutto campanelline e catenine d'oro, e che lui glielo regalò, e disse che da ora 'n là lei era in obbligo di sposarlo, lei cascò per le terre svienuta come morta. La portorno diviato su di peso in cammera della balia, e doppo che le du' donne furno sole, la ragazza principiò a rotolarsi per il letto, a strapparsi i capelli e a piagnere, nun vedendo più oramai in che maniera scansare il gran peccato d'essere la moglie di su' padre. Dice la balia: - Eh! nun vi disperate; il rimedio i' l'ho bell'e trovo io. Si fa un fagotto di robba, si piglia un sacchetto di quattrini e si scappa zitte zitte, sicché il Re nun sappia mai addove vo' siete ita. Dice la ragazza, che a quella proposta s'era un po' sentuta rinanimire: - Ma come si nusce dal palazzo insenz'esser viste da' servitori, dalle sentinelle e da tanta gente che c'è? E la balia: - Oh! i' ho pensato a ugni cosa, nun vi dubitate. Bisogna trasficurirsi. Voi 'nfrattanto mettete assieme i quattrini, fate un rinvolto di robba e ci siano dientro anco i tre vestiti che v'ha regalo il Re; quando poi tutto sarà all'ordine, si farà partenza addirittura. La ragazza dunque di niscosto fece quel che gli aveva detto la balia, e la balia, dalla su' parte, cucì sur un vestito di cambrì tanti pezzi di zucca secca, e quando fu ugni cosa pronta, lei lo mettiede addosso alla figliola del Re e gli ricoperse per bene il viso pure e le mane, sicché la ragazza pareva propio una gran zucca che camminava, e la balia si mascherò in modo da nun essere ricognosciuta. Una sera poi, tutt'e dua le donne sortirno dal palazzo, e diviato, presa una porta della città, s'allontanorno per la campagna alla ventura; e cammina cammina a traverso di molti paesi, le genti correvano dietro di loro a vedere quella zucca che andeva da sé con le su' gambe. Finalmente le donne arrivorno un bel giorno a una città, addove in sulla scalinata del palazzo reale c'era il figliolo del Re di quell'abitato in compagnia de' su' cavaglieri. A male brighe il figliolo del Re vedde la balia con quella donna vestita da zucca, principiò a rider a bono e gli viense [90] [p. 90 modifica]voglia di cognoscere chi erano. Le manda dunque a chiamare e loro gli si prosentano davanti. Dice lui: - Massaia, d'addove vienite voi? E codesta chi è? Come si chiam'ella? Arrisponde la balia: - Che! altezza, no' si viene da lontano in cerca di fortuna. Questa che è con meco si chiama Zuccaccia. Scrama il figliolo del Re: - Oh! guarda che 'gli è buffa! Che me la daresti, massaia, codesta Zuccaccia? La 'mpiegherei al mi' servizio in nella stalla a custodire i cavalli, in nella cucina a far da sguattera... - Guà, se gli comida, - arrispose Zuccaccia, - i' sono a su' comandi. Insomma Zuccaccia rientrò al servizio del figliolo del Re, che la mettiede a badare a' cavalli e a sciacquare i piatti col coco; ma siccome la gli pareva a lui che parlassi bene e buffo, tutti i giorni 'gli andeva a conversazione con la Zuccaccia. La balia, quando ebbe assicurato la ragazza, se n'andiede pe' fatti sua. Doppo qualche giorno disse il figliolo del Re a Zuccaccia, che 'gli era lì per la cucina: - Sai, Zuccaccia? Tutti gli anni i' ho per uso di dare tre feste da ballo, e c'invito cavaglieri e dame d'ugni paese, anco di lontano. - Fa bene a divertirsi, - gli arrisponde Zuccaccia; - e di belle donne nun gliene mancheranno a tienerlo allegro. Dice il figliolo del Re: - Zuccaccia, vo' tu vienire alla mi' festa da ballo? - e siccome in quel mentre lui aveva preso in mano la paletta, la picchiò in sulle ginocchia della Zuccaccia. Risponde Zuccaccia: - Lei fa per minchionarmi. Che son io da andare sur una festa da ballo? Viene la sera della festa e nun si pole descrivere quanta ma' gente che c'era; signore e signori d'ugni qualità e ballavano a più nun posso. Tutt'a un tratto deccoti comparisce una dama con un vestito di seta color d'aria e tempestato con le stelle del cielo, con una faccia di paradiso e i capelli biondi giù per le spalle. Rimasano tutt'incantati a quella vista. Il figliolo del Re gli corse subbito incontro, la prese a braccetto e si mettiede a ballare con lei, e la divorava proprio con gli occhi. Lui voleva sapere a ugni mo' come la si chiamava, chi era e da che paese vieniva; ma lei nun gli volse dire altro: - I' sono di Batti-paletta in sulle ginocchia. Il figliolo del Re nun si poteva raccapezzare, perché un paese con quel nome redicolo nun [ [p. 91 modifica]91] l'aveva mai sentuto dire: ma per mostrargli gradimento della su' presenzia la pregò che lei accettassi, come per ricordo, uno spillo d'oro, che lei subbito si ficcò dientro alle trecce. Infrattanto sonava la mezzanotte e il figliolo del Re sentì 'l bisogno di rinfrescarsi: s'alza dunque da siedere d'in su 'l canapè e s'allontana per un po'; ma quando riviense 'ndietro, la dama era bell'e ita via, che nissuno se n'accorgette, e nun ci fu verso di sapere da che parte la fusse scomparita. La mattina doppo il figliolo del Re, che dalla pena e dall'amore nun era nemmanco andato a letto, va a trovare Zuccaccia. - O Zuccaccia mia! che bella dama ieri a sera viense alla mi' festa da ballo! E come vestita! Me ne sono 'nnamorato, sai? Dice Zuccaccia: - Oh! bene, ci ho propio gusto. E chi era questa bella dama? Che nome 'gli aveva? Di che paese? Scrama il figliolo del Re: - Ohi! Qui 'gli è appunto la mi' disperazione. Nun m'ha volsuto dir altro che 'l su' paese si chiama Batti-paletta in sulle ginocchia. Poi 'gli è sparita e nun si sa da che parte. - Oh! che caso! - dice Zuccaccia. Dice allora il figliolo del Re: - Ma stasera c'è la seconda festa. Se stasera ci torna, i' vo' sapere chi è questa bella dama. E te, Zuccaccia, la vo' tu vedere la mi' festa? - e siccome 'gli aveva in quel mentre tra le mane una sferza presa dalla stalla, in nel fargli la domanda a Zuccaccia, lui gliela batté in sulle spalle. Dice Zuccaccia: - Ma gli pare! Lei fa per isbeffarmi. Deccoti la sera, e la gente s'affollava negli appartamenti reali, e lì sòni e balli da ugni lato; il figliolo del Re poi gli occhi gli aveva sempre rivoltati alla porta, quando a un tratto apparisce la solita dama più splendida della sera 'nnanzi e con un vestito di seta color d'acqua del mare e dientro gli ci notavano tanti pesci d'oro. Tutta la conversazione gli fece largo, e il figliolo del Re gli andiede subbito incontro alla bella dama, la pigliò a braccetto e si mettiede a ballare con lei sola; e badava a dirgli che se n'era 'nnamorato, ma che voleva sapere il su' nome, l'essere suo e il paese d'addove lei vieniva. Quella dama però nun gli volse dir altro, che il su' paese si chiamava Batti-sferza-in-sulle-spalle. Dice il figliolo del Re: - Ma lei, signora, lo fa per farmi disperare; perché questo paese nun l'ho [92] [p. 92 modifica]sentuto mai rammentare e nemmanco quello che lei mi disse ieri a sera. In ugni mo', per quanto lui pregassi, al figliolo del Re nun gli rinuscì cavargli di bocca altre notizie: nunistante, per addimostrargli che lui era dimolto contento di vederla lì con seco e come segno d'amore, gli prese una mana alla dama e gli mettiede in dito un anello col nome scritto in sulla pietra. Doppo però, il figliolo del Re essendosi un po' dilontanato per dar degli ordini, al ritorno la dama non c'era più e nissuno gli poté dire da che parte 'gli era ita via. La mattina il figliolo dei Re, innamorato cotto, scende giù da Zuccaccia: - Ah! Zuccaccia mia, la dama c'era anco ieri a sera! Ma, me l'ha fatta daccapo. I' nun so che rimedi pigliarci. Dice Zuccaccia: - Ma almanco nun gli ha detto nulla della su' persona? - Che! - lui scrama: - m'ha detto soltanto che 'l su' paese si chiama Batti-sferza-in-sulle-spalle. Vattelo a pésca un paese con questo nome! Basta, stasera ci sarà l'ultima festa di ballo. I' nun son io, s'i' nun viengo a capo di tienergli dietro quando lei se ne va. E te, Zuccaccia, vo' tu 'nsomma vederla una delle mi' feste? - e nel dire accosì gli batté in su' piedi le molle, che lui aveva preso in mano nel mentre che parlava. S'arriva alla sera, e tant'era la folla nel palazzo reale, che quasimente nun ci si nentrava più, e ballavano tutti allegri, che nun si dice. Soltanto il figliolo del Re steva sopra pensieri e con gli occhi svoltati sempre a vedere se apparissi la bella dama; e di fatto deccotela che appare in nella sala. Ma com'ell'era, la nun si pole descrivere! Portav'addosso un vestito intessuto di campanelline e catenine d'oro, sicché gli toccava di camminare pian pianino, perché nun facessino dimolto rumore. Ognuno subbito di qua e di là a ritirarsi, e lei passò 'n mezzo a du' file di signore e signori, e il figliolo del Re gli corse 'ncontro, gli pigliò le mane e poi ballò con lei, e con l'idea di nun la lassar mai per tutta la sera. Quando fu il tempo del riposo, il figliolo del Re gli andette a siedersi con la su' dama accanto, e lì a discorrergli serrato, e che lui gli voleva tanto bene, e gli facessi la grazia di appalesargli almanco da che paese vieniva. Lei disse: - Oh! questo sì. Il paese d'addove i' viengo si chiama Batti-molle-in-su'-piedi. A quella risposta il figliolo [ [p. 93 modifica]93] del Re acchinò il capo tra le mane e scramava: - Voi, si vede propio che mi volete morto a ugni modo, ché non vi garba accontentarmi, siccome vo' fate. Ma quando lui rialzò il capo la dama era sparita, e nun si potiede sapere da che parte se ne fusse andata. Lui però in quel mentre che ballavano gli aveva regalo il su' ritratto, in piccolo, accosì dipinto in una medaglina da tienersi al collo. Il figliolo del Re, insomma, da quella sera s'ammalò a bono e nun mangiava più, e nun dormiva più, perché sempre pensava a quella dama, ché se n'era 'nnamorato e nun sapeva come fare a rivederla e addove mandare a cercarla. Si barbò a letto e chiamorno tutti i medici del regno; ma loro dicevano: - Nun c'è medicina per guarirlo. 'Gli è un male di malinconia e nun ci si trova rimedio. Una mattina il figliolo del Re chiama la su' mamma e gli dice: - Mamma, m'è vienuta una voglia. Dice la Regina: - Parla, caro figliolo, si farà di tutto, perché tu sia contento e consolato, e tu guarisca da questo male. Dice lui: - I' voglio una zuppettina con dell'erbe e me l'ha da fare Zuccaccia. Scrama la madre: - Oh! che vo' che ti faccia di bono quella sguattera, sempre sudicia, lì per l'acquaio e per la stalla? - Tant'è, mamma, - gli arreplica lui: - se mi volete bene, comandate questa minestra a Zuccaccia. I' la piglierò com'è. La madre dunque scese in cucina e trovò Zuccaccia che lavava i piatti. Dice: - Zuccaccia, ripulisciti un po' e bada di fere una zuppettina così e accosì al mi' figliolo, e che sia fatta con le tu' propie mane. Ma sta' attenta che nun ti ci caschino delle porcherie. Dice Zuccaccia: - Farò l'ubbidienza, nun dubiti, ma com'i' so. Quando la Regina fu andata via, Zuccaccia si mettiede un grembio di bucato e serrò a chiave l'uscio di cucina, e poi fece la zuppettina con gli erbi e dientro ci niscose lo spillo d'oro che gli aveva dato il figliolo del Re alla prima festa da ballo, e per un servitore gliela mandò su in cammera. Il figliolo del Re cominciò a mangiarla e nel rimiscolare, deccoti trova lo spillo d'oro e subbito lo ricognosce per il suo. Nun si potiede frattienere da un urlo. Dice la Regina mezzo 'mpaurita: - Tu ci ha pésco qualche porcherìa! Se te l'avevo detto. Dice lui: [94] [p. 94 modifica]Che, che! 'Gli è che la zuppa mi garba dimolto. Fategliene fare un'altra compagna a Zuccaccia, ché questa m'ha messo appetito. A nun andar tanto per le lunghe, vo' dovete sapere, che in nella medesima mattina Zuccaccia mandò su al figliolo del Re altre du' zuppettine con gli erbi, e dientro a ognuna ci tuffò niscosti l'anellino e il ritratto, che lui gli diede nelle feste da ballo insenza cognoscerla. A quella vista il figliolo del Re si rizza allora d'un salto, ché del male nun se ne sentiva più addosso, e diviato scende da Zuccaccia, e lì, faccia a faccia solo con lei, dice: - I' vo' sapere chi t'ha dato lo spillo, l'anello e il ritratto che eran dientro le zuppettine? Arrisponde Zuccaccia: - Guà, i' gli ho avuti in regalo dalle su' propie mani quando si ballava assieme. - Come? - scrama il figliolo del Re. Insomma si viense alle spiegazioni, e Zuccaccia gli raccontò tutta la su' storia, e poi, buttato via quel vestitaccio di zucca secca, gli comparì tale e quale lei era. Vi potete figurare l'allegrìa e il contento del figliolo del Re per quella scoperta! Insenza tanti discorsi piglia per le mane la ragazza e la mena dalla su' mamma, e lì gli dice: - Deccola qui chi m'ha guarito, e ora ha da essere la mi' sposa. Si preparò dunque ugni cosa per le nozze e invitorno tutti i Principi anco di lontano, e ci viense pure il babbo della sposa; ma lui nun la ricognobbe che era la su' figliola. Quando gli erano a tavola, dice la sposa a su' padre: - E lei è solo? Nun ha punti figlioli? Arrisponde il Re: - I' l'avevo una figliola, ma la scappò di casa e nun c'è stato verso di ritrovarla più. Dice la sposa: - Poera ragazza! Lei aveva anco mille ragioni per nun istare con seco, perché lei voleva che la commettess'un gran peccato. Bisognava che addiventassi la moglie del su' babbo! Scrama il Re pieno di stupore: - Oh! come lei sa tutte queste cose? - I' le so pur troppo, - gli arrispose, - perch'i' sono appunto la su' figliola che scappò via con la balia. Nun mi' ricognosce? Guardi, decco l'anello della mamma. Insomma il babbo la ricognobbe la su' figliola e gli chiese perdono del su' mancamento, sicché feciano le paci e tornorno tutti d'amore e d'accordo, e accosì la novella è finita.