Se pargoletto in sull'aprir le ciglia

Gabriello Chiabrera

XVII secolo Indice:Opere (Chiabrera).djvu Letteratura Se pargoletto in sull’aprir le ciglia Intestazione 8 maggio 2023 75% Da definire

Mentre di più color per te nascea Che gonfiar trombe, che spronar destrieri
Questo testo fa parte della raccolta Canzoni eroiche di Gabriello Chiabrera


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LI

QUANDO NACQUE

A COSMO SECONDO

IL PRIMO MASCHIO.

Se pargoletto in sull’aprir le ciglia
     Ne’ luminosi campi della vita
     A gran speranza i cor mortali invita,
     Quando da chiaro sangue origin piglia,
     5Qual d’alta meraviglia
     Nel petto di ciascun non porrà speme
     Un de’ Medici nato, e d’Austria insieme?
Forse ad ognor con titoli immortali
     Eterna fama, che in lodar non mente,
     10Non vegghia in registrar l’inclita gente,
     E ne i terrestri e ne i celesti annali?
     Sforzo di nobili ali
     Verserebbe volando ampj sudori
     Per lor gran campo de’ lor veri onori.
15Su dunque crochi, ed odorati acanti
     Spargi, del famoso Arno alma reina,
     E le man giungi, e le ginocchia inchina,
     Dipinta di letizia i tuoi sembianti;
     Alza musici canti,
     20E fa da’fochi in lucid’oro accensi
     Sacre nubi volar di puri incensi.
Dà lunga lode al regnator superno,
     Ch’erse a felice colmo i tuoi desiri,
     E prega lui, che con pieta raggiri
     25Su’ tuoi gaudj presenti il guardo eterno;
     Piuma, che gioco e scherno
     Fassi al soffio de’ venti, è nostro bene,
     Se la destra di Dio nol ci mantiene.
Ma voi, Muse di Pindo, omai temprate
     30Alla culla real cetra d’elettro,
     E sulle corde d’ôr con aureo plettro
     Il sonno lusinghier dolce invitate;
     Muova le piante alate,
     E su’ begli occhi dell’infante ei versi
     35Succhi di Lete, ma d’ambrosia aspersi;
Così racqueti i vaghi lumi, e poi
     Che splenda chiaro a sue pupille il giorno,
     Siateli, Muse, a vezzeggiarlo intorno,
     Con rimembrar de favolosi eroi;
     40L’onor degli avi suoi,
     Onde a vera virtù forte s’accenda,
     Rimembrerete allor quand’ei l’intenda.
Ma, Dive, a me cui singolar diletto
     Cantando Italia a rallegrare invoglia,
     45Chi fia che alteramente oggi discioglia
     La lingua, e gonfi di furore il petto?
     Euterpe, un suono aspetto,
     Che dolce tragga or di sè stesso fuori,
     Inebbriando per l’orecchia i cuori.
50Vaneggio forse, che per l’aria a volo
     Sembrano i versi miei batter le piume?
     Or dell’Italia desïato lume,
     Che a lei nelle tempeste esser dêi Polo;
     Lume, onde angoscia e duolo,
     55Ed ogni indegna avversità s’asconda,
     E ne i popoli suoi virtù s’infonda,
Mira più sempre gli ottomani arcieri,
     O sopra il tergo a corridor frenati,
     O sulle prore a i legni più spalmati
     60Del mar cristiano isbigottir gl’imperi;
     Mira mille aspri e fieri
     Mostri, di rabbia rigonfiati il seno,
     Incontro al Vatican sparger veneno.
Secolo sì perverso a tua virtude
     65Pregio è per dar d’inestimabil vanto;
     D’orrore alto Nemea, d’alto Erimanto,
     D’alto ingombrossi la Lernea palude:
     Belve indomite e crude,
     Mostri unqua non veduti Ellade vide
     70Produrre il Ciel per innalzarne Alcide.