Scavi di Roma nel 1892

Francesco Gnecchi

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Scavi di Roma nel 1892 Intestazione 21 settembre 2016 75% Numismatica

Questo testo fa parte della rivista Rivista italiana di numismatica 1893
Questo testo fa parte della serie Appunti di numismatica romana
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APPUNTI

di

NUMISMATICA ROMANA




XXVII.

SCAVI DI ROMA NEL 1892.

(Tavola IV).



Come era a prevedersi, la messe degli scavi romani non fu molto abbondante neppure nello scorso 1892. Le tristi condizioni edilizie, che avevamo segnalate nel 1891, perdurarono anche nel 1892. Ben poco si lavorò nella città. Le monete uscite dal suolo si riducono alla produzione ordinaria della campagna circostante, e fra la congerie di queste, due soli pezzi degni di nota sono pervenuti alla mia collezione; nessun altro a mia conoscenza. Si tratta però di due pezzi di prima importanza e di esimia conservazione, un medaglione inedito di M. Aurelio, e un piccolo bronzo di Valente tiranno. Del primo non ho potuto precisare la provenienza; il secondo venne rinvenuto a Frascati, insieme a parecchie altre comunissime monete di bronzo dell’epoca di Licinio.

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Medaglione di M. Aurelio.


Doppio sesterzio di bronzo (gr. 44.500. — Diam. mill. 36). — Dopo il n. 372 di Cohen.

D/ M AVREL ANTONINVS AVO GERM SARM TR P XXXII.

Busto laureato e corazzato a destra.

R/ - IMP VIIII COS III PP.

Marc’Aurelio di fronte in abito militare con un’asta nella sinistra, e la destra appoggiata su di un trofeo, appiedi del quale due prigionieri germani o sarmatici; un uomo a destra colle mani legate dietro il dorso e a sinistra una donna piangente. (Anno 178 d. C).

Il tipo del rovescio è affatto nuovo fra i medaglioni di M. Aurelio, e, come appare dalla data, si riferisce alle ultime vittorie germaniche e sarmatiche. Difatti gli appellativi di germanicvs e di sarmaticvs finiscono appunto con quest’anno. È notevole poi anche la data della XXXII podestà tribunizia, corrispondente all’anno 178 d. C, la quale non figura su alcun altro dei numerosi medaglioni di questo imperatore, e relativamente su pochi bronzi. La conservazione è splendida nel dritto, sufficiente nel rovescio. Il medaglione è abbellito da una magnifica patina color verde-cupo.

Piccolo Bronzo di Valente tiranno.


D/ - IMP C AVR VAL VALENS P F AVG.

Testa laureata a destra.

R/ - IOVI CONSERVATORI AVGG.

Giove ignudo a sinistra col mantello sulla spalla sinistra. Tiene un globo sormontato da una Vittoria e un lungo scettro; ai suoi piedi un’aquila con una corona nel rostro. Nel campo, a sinistra K, a destra una Corona e XA. All'esergo ALE.

[p. 129 modifica] È detto in poche parole quanto è storicamente noto intorno all’effimero regno del tiranno Valente. Siamo al principio del terzo secolo, e il mondo romano è diviso fra Costantino Magno e Licinio. L’Oriente e l’Egitto sotto l’impero di quest’ultimo, l’Italia con tutto il resto sotto quello di Costantino. L’anno 314, fosse per ambizione dell’uno o per gelosia dell’altro, fatto età che s’accese la guerra fra i due imperatori, e Licinio affidò al suo generale Valente il comando delle sue truppe, le quali ebbero la peggio nelle campagne di Cibalea in Pannonia la giornata dell’otto ottobre. — Licinio riparò frettolosamente nella Tracia e fu allora, che si associò neir impero Valente, accordandogli il titolo di Augusto, probabilmente per esserne meglio aiutato a riorganizzare lo sgominato esercito e a restaurare lo scosso suo potere. Da Filippopoli, dove s’era rifugiato, domandò la pace a Costantino che lo inseguiva, e questi l’accordò bensì a lui, ma a condizione che Valente fosse giustiziato. Ciò avveniva nel dicembre dello stesso anno, cosicché il regno di Valente non può essere durato che poche settimane. Da qui la estrema rarità delle sue monete, le quali furono per gran tempo ignorate, poi ammesse dubitativamente, finché al giorno d’oggi se ne conoscono positivamente due tipi, un medio e un piccolo bronzo.

Cohen non conobbe alcuna moneta di Valente tiranno. Diede però la descrizione di un piccolo bronzo perfettamente identico a quello di Frascati sopradescritto, togliendolo dal Catalogo d’Ennery. Ma non vi prestò fede, anzi l’annuncia colle seguenti parole:

" Ón trouve dans le Catalogne d’Ennery la médaille suivante de Valens, qui est suspecte d’autant plus qu’elle lui donne le titre d’Auguste. „

Il piccolo bronzo di Valente nel Catalogo della collezione d’Ennery è difatti presentato con una [p. 130 modifica]raccomandazione assai poco lusinghiera. " Les monnaies de Valens „, vi è detto come annotazione, riportando le parole di Beauvais, " ne sont connues que dans Golzius, où l’on voit qu’il porte le nom d’Auguste. „ Il Cohen quindi, conoscendo la moneta pel solo citato catalogo, bene fece a diffidarne, malgrado che Eckel l’avesse accettata senza esitazione. Il nome di Golzius (quantunque questa volta fosse nel vero) era una ragione più che sufficiente per ritenere dubbiosa la moneta, e questa ragione è assai più forte dell’altra addotta del titolo d’Augusto, per quanto dagli scrittori venisse e venga tuttora comunemente dato a Valente il semplice titolo di Cesare. Se l’indicazione di quel titolo però poteva in qualche modo essere una ragione di dubbio pel Cohen, il quale non aveva mai avuto sott’occhio alcuna moneta di Valente, non si vede davvero perchè, avendo alla mano il documento irrefutabile di una moneta riconosciuta e descritta per autentica, quale è senza dubbio, nella seconda edizione non si siano fatte le debite correzioni storiche e si sia continuato — nella biografia di Licinio — a parlare di Valente col titolo di Cesare, senza punto accennare a quello di Augusto.

Le monete di Valente rimasero quindi dubbiose dopo la scomparsa dell’esemplare d’Ennery, il quale è forse il medesimo, che ricomparve poi nella vendita Badeigts de Laborde, e che passò in seguito al Gabinetto di Francia, ove si trova attualmente. Sono dunque due gli esemplari ora conosciuti di questo piccolo bronzo e ambedue portano la sigla della zecca d’Alessandria. Può sembrare strano che in un regno così breve Valente abbia avuto tempo di coniare monete in una zecca tanto lontana; ma la coniazione egizia non è punto in contraddizione colla brevissima durata del regno di Valente, e la cosa [p. 131 modifica]appare chiara dalla seguente considerazione. Appena egli venne da Licinio associato, furono senza dubbio spediti dei messi a tutte le città dell’impero a portare colla notizia l’ordine di coniare monete in nome del nuovo Augusto; e queste furono poi coniate quando Valente era già morto, ma prima che la notizia della sua morte vi fosse giunta. È un caso che probabilmente si è ripetuto parecchie volte in simili circostanze, non infrequenti nel mondo romano d’allora.

L’altro tipo invece, quello del medio bronzo, porta all’esergo le lettere S K M che parrebbero doversi interpretare come la sigla di Cizico (Sacra Kiziki Moneta?) E così potrebbe darsi che qualche altro esemplare venisse in luce delle zecche di Eraclea, Nicomedia o Antiochia, città che come Alessandria e Cizico erano comprese nel dominio di Licinio, mentre tutte le altre zecche dell’impero erano in potere di Costantino.

Le due monete conosciute di Valente, non solo sono fatte a perfetta imitazione di quelle di Licinio, ma sembrano addirittura battute coi medesimi conii che avevano già servito per le monete di quell’imperatore. Tanto il piccolo bronzo descritto, e noto ora in due esemplari, come il medio (Coh. II ediz., vol. VII, pag. 223), recentemente acquistato dal Museo di Berlino1, hanno due rovesci che troviamo identici fra quelli numerosissimi di Licinio, e hanno la rappresentazione di Giove colle leggende IOVI CONSERVATORI nel medio bronzo e IOVI CONSERVATORI AVGG nel piccolo. Il primo ha una leggenda vaga, che poteva adattarsi, qualunque fosse il diritto della moneta; il secondo, supponendolo apprestato da Licinio quando [p. 132 modifica]era socio di Costantino (come indica il plurale AVGG), poteva egualmente servire per gli Augusti recentemente associati. Ciò è forse anche una prova della fretta con cui si diede mano alla coniazione delle monete; come ne è un’altra l’estrema somiglianza della testa di Valente con quella di Licinio. Siamo, è vero, in un’epoca di decadenza, nella quale non si deve far molto a fidanza coll’arte dell’incisore, ma pure le fisionomie sono ancora abbastanza conservate e distinte l’una dall’altra; e se in questo caso i due ritratti potrebbero facilmente confondersi, gli è che probabilmente, giunta appena la notizia dell’assunzione di Valente, se ne stamparono frettolosamente le monete, ponendovi invece della sua testa sconosciuta quella del socio Licinio di cui già si trovavano pronti i conii nelle officine, e col semplice cambiamento della leggenda nel diritto. È da supporre che, se in quei tempi la posta non era tanto rapida e le notizie non potevano giungere tanto presto, le comunicazioni grafiche fossero ancora più lente.

Nella tavola, accanto al piccolo bronzo di Valente ne ho riprodotto uno di Licinio, onde vi si osservi la perfetta identità dei rovesci e la grande rassomiglianza delle fisionomie.

Ad ogni modo poi le due monete e specialmente il piccolo bronzo, vengono a confermare due fatti storici, la proclamazione di Valente alla dignità di Augusto (AVG nel diritto) e la sua associazione all’impero (AVGG nel rovescio).

Note

  1. A. v. Sallet, Die Erwerbungen des Königlichen Münzkabinets vom 1 april 1889 bis 1 april 1890, nella "Zeitschrift für Numismatik, 1892, vol. XVIII.