Risparmio e credito in Piemonte nell'avvento dell'economia moderna/Gli albori dello «spirito di risparmio»

Gli albori dello «spirito di risparmio»

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Risparmio e credito in Piemonte nell'avvento dell'economia moderna Risparmio, credito e loro organi nell'antico Piemonte - Le origini della cassa

[p. 9 modifica]ALBORI DELLO « SPIRITO DI RISPARMIO »

Modernità dello spirito di risparmio.Il problema storico dell’origine delle casse di risparmio in Europa, che cronologicamente coincide con gli inizi del secolo Ke armonicamente si inquadra in un pit vasto e complesso fenomeno, del quale non é che una delle manifestazioni pid caratteristiche: quello della nascita del risparmio in senso proprio, previa formazione dell’ambiente economico, giuridico, psicologico e sociale entro cui puo svilupparsene lo spirito.

Tipicamente moderno risulta invero, contrariamente a talune apparenze, questo gran fatto, mancandone prima, quasi sempre e dovunque, gli essenziali presupposti.

Non gia che la tendenza ad accumulare, in vista di bisogni futuri, dei beni e sopratutto del danaro, sia nuova; né che sia proprio dei nostri tempi il contrasto di opinioni pel quale all’invettiva contro l’avaro fa riscontro l’apologia dell’economa previdenza. Nella pit antica parte della Bibbia e negli autori greci troviamo esaltati assiomaticamente quest’ultima; e se nell’alto medio evo i cristiani, ossessionati dall’idea dell’imminente fine del mondo, rivoluzionariamente predicano «di non pensare al domani»), noi ritroviamo quella che fu chiamata «la virtti borghese del risparmio ) in pieno fiore nelle citté commerciali dai secoli xt al xv, allorché, quasi nei termini stessi resi celebri ai giorni nostri da Franklin, la udiamo inculcata a Firenze da Leon Battista Alberti e, nelle sue suggestive memorie, dal saggio nonno di Leonardo da Vinci 1. Ma, nei trat[p. 10 modifica]-10-

tatisti quattrocenteschi della vita famigliare, l’arte del buon governo domestico sembra meglio consistere nell’acquistar e migliorar terre e case e nell’ampliare traffici che nel metter in serbo o dare a prestito capitali mobiliari ('), quando pure non si limita a mantener le spese nella proporzione delle entrate, cosa gia abbastanza difficile, in quei critic! tempi (2),

E noto che una delle idee-guida di Werner Sombart nella sua genialissima sintesi della formazione dell’economia moderna con- siste nel contrapporre la mentalitA avida di lucro e fervida di attivith produttiva che la distingue dal concetto di vita regolata e stabile costituente la base sociale del vecchio mondo. Scopo della produ- zione nel medio evo era, secondo lui, di provvedere in forma immediata e diretta ai bisogni, non secondo la libera volonta di clascuno, ma in misura diversa e prestabilita, in rapporto al ceto a cui si apparteneva. Tradizionalismo di tecnica, scarso amore al lavoro, dimostrato anche dal grandissimo numero delle giornate festive, uniformita di tipo delle piccole aziende confermano che nota fondamentale dell’esistenza era la tranguillité sicura, espressa nella corrispondenza fra produzione e consumo e nelle rigide gerarchie sociali. Le quali; a loro volta, comprimendo I’individuo entro im- mutabili organismi, sanzionavano nel sistema corporativo la limita- zione degli affari e dei profitti, la negazione della concorrenza come base di uguaglianza economica, il concetto di « onesto guadagno »), corrispondente ai bisogni d’una vita decente. Guadagni e spese conformi alla condizione sociale, appagamento della propria sorte, desiderio del danaro soltanto in quanto serve a soddisfare i bisogni cosi concepiti — concetti che formano uno dei caposaldi dell’ edj- fizio filosofico tomistico — conferivano a codesta « economia di sus- sistenza)) un carattere castale immobilistico, in contrasto al quale sorge e si sviluppa lentamente e per gradi e trionfa solo ai tempi nostri l’insaziato, irrequieto, intraprendente, dinamico edonismo capitalistico. Lo spirito delle popolazioni pit incolte, renitenti, anche oggi, a lavorare pit di quanto & strettamente necessario per vivere alla giornata, pud darci una pallida immagine della mentalitd domi- nante nelle eta che lo hanno preceduto (3),

(1) Cfr. V. Lust, I trattatisti della famiglia nel quattrocento - Bologna-Modena, 1909, passim.

(2) Cfr. N. Tamassia, La famiglia italiana nei secoli decimoquinto e decimosesto - Palermo, 1910, p. 26 e sgg.

(3) Cfr. Der moderne Kapitalismus, 2 ed. - Monaco e Lipsia, 1922, vol. I, pp. Me sgg., 315 e sgg., 807 e sgg.; Il, p. 36 e sgg.; Le bourgeois (tr. fr.) - Parigi, 1926, p. 12 e sgg. [p. 11 modifica]-11- A parecchie obbiezioni certo si presta l'assoluta tesi; essendo forse più numerosi e notevoli che l'eminente storico non ammetta i fatti contrastanti alla rigidità della sua distinzione cronologica. Non puo tuttavia contestarsi che molto di sostanzialmente vero essa contenga, quando si pensi alle caratteristiche essenziali del tenor di vita di tutte le classi, non pure nell’epoca di maggior floridezza del regime corporativo, ma altresi in tempi assai pil vicini a noi, allorché esso si avviava a spontanea dissoluzione. Pochi anni prima che Turgot proclamasse in un celebre editto |’anacronismo pernicioso dei corpi d’arte, i regolamenti di Luigi XV continuavano a vietare sotto gravi pene che i padroni di bottega pit ricchi od intraprendenti cercassero di aumentare, a scapito altrui, la propria clientela, praticando prezzi inferiori od offrendo diverse agevolezze ). Né @ privo di significato ]’entusiasmo di Goethe dinnanzi all ’artigiano di Jena «abbastanza saggio per non lavorare oltre quanto gli occorre a procurargli un’esistenza gioconda» (2). l'apologia del lusso improduttivo. L’idea stessa, tanto diffusa negli economisti e nei politici pre-smithiani, e tuttora cosi profondamente radicata nella superstizione delle plebli non soltanto analfabete, della benemerenza sociale del prodigo, che col largo spendere alimento l'industria e dà lavoro, esclude la simpatia per l'abito previdente di riservare alle ignote eventualità future una parte delle entrate famigliari. Antesignani ed assertori di un punto di vista contrario sono per verita, generalmente, i fisiocrati; ma sopratutto perché non vogliono che il lusso dei gran signori sottragga alla terra i capitali richiesti dalle «avances fonciéres» (3). E noto d’altra parte che la legislazione suntuaria, tanto abbondante dal medio evo in poi, ebbe assai pit. spesso lo scopo di mantenere la distanza apparente fra le classi sociali, o (nel periodo mercantilistico) di limitare gli acquisti di merci estere, che di inculcare ai sudditi lo spirito di economia. Come avrebbe, del resto questo potuto prosperare in un ambiente nel quale, per difetto di sicurezza e di organi adeguati, il risparmio non investito in impieghi immobiliare o direttamente Le forze inibitrici dello spirito di risparmio. L'esigua richiesta di capitale

(1) Cfr. G. MARTIN, La grande industrie en France sous le règne de Louix XV - Parigi, 1900, p.247. (2) Cfr. W. SOMBART, Le bourgeois, p.21. (3) Cfr. H. BaupriLLart, Histoire du luxe privé et public - Parigi 1880, t. IV, p. 349 e sgg.; e meglio N. BAUDEAU, Principes de la science morale et politique sur le luxe et les lois sumptuaires (1767), con prefazione di A. Dusois - Parigi, 1912, p. vI e sgg. [p. 12 modifica]-12-

speculato dal suo possessore, era ridotto a tesorizzarsi oziosamente in attesa di presumibili consumi futuri?

Se per l’addietro, dice D’Avenel, la massa dei capitali liquidi disponibili era piccola, il bisogno, o meglio la richiesta, ne erano ancor minori, onde soltanto dai rischi e dalle persecuzioni legali derivava il tasso usurario degli interessi correnti (1), Sottratta al libero commercio, dai vincoli ecclesiastici e feudali, la maggior parte della ricchezza fondiaria; arretrato ed imperfetto il regime ipotecario ; relativamente poco sviluppata, anche 1A dove la tradizione ce la de- scrive fiorentissima, la vita industriale e mercantile, accadeva spes- sissimo che al formatore di risparmi mancasse la facilita, se non proprio il mezzo, di collocarli a frutto; onde la frequenza dei tesori domestici che colpisce il lettore moderno dei racconti piu tipica- mente rappresentativi di quella vita e di quella mentalita, come il classico Gil Blas. Del risparmio che si forma in un paese, una parte puo, come é noto, ritenersi automatica 0, comunque, indipendente dal reddito del capitale (accumulazione per gli anni difficili, pei figli, per abitudine, mimetismo, larghezza di redditi, ecc.), I] fenomeno si verificherebbe anche in caso di improduttivita completa, e perfino in quello di interesse negativo. Ma & chiaro che, in tali condizioni, la tendenza rimane debole, essendo la scala dell’offerta basata in gran parte sul frutto del capitale (2). Un’azione depressiva partico- larissima esercita poi naturalmente il grado di rischiosit& specifica che, per ragioni economiche, politiche, sociali, giuridiche, presenta V’ambiente, onde si moltiplicano i casi in cui il risparmio formato non riesce a trasformarsi in capitale (3). La frequenza delle guerre ed il modo come eran condotte; |’arbitrarieta delle imposte ; i pri- vilegi di casta; le alterazioni monetarie, furono nel Passato altret- tante cause scoraggiatrici. Fenomeni come la rivoluzione dei prezzi del secolo Xvi, rimasti inesplicabili alla maggior parte dei contem- poranei, vennero a lungo ricordati pel senso di panico che diffusero fra i prestatori, a rianimare i quali occorsero speciali provvedimenti (4),

(1) Cfr. La fortune privée à travers sept siécles - Parigi, 1904, p. 73. (2) Cfr. T. N. Carver, «Place of abstinence in the theory of interest », in Quarterly journal of economics, 1893, n. 8. Il fenomeno é stato testé squisitamente analizzato da U. Ricci, « L’offerta del risparmio », in Giornale degli economisti e rivista di statistica, febbraio-marzo 1926.

(3) Cfr. I. Mazzei, « Del risparmio che non giunge a trasformarsi in capitale », in Raccoglitore, 1926. (4) ForBonnais, Recherches et considérations sur les finances de France - Liegi, 1758, t. I, p. 53; N. DE CoguerEL, Conférence des monnayes de France - Parigi, 1619, p. 7; D'AcuEsseEau, Considérations sur les monnayes, in «C.uvres» - Parigi, 1777, t. X, p. 48 e sgg. [p. 13 modifica]-13-

L’incognita del fidato deposito domina pertanto preponde- rantemente, come bene avverte il Lampertico, il problema del ri- sparmio fino agli inizi del secolo XIX (1), contenendo entro limiti assai modesti l’incremento della ricchezza mobiliare d’ogni tipo.

  • * *

Le tappe del risparmio mobiliare. I primi debiti pubblici.

Vero è che, sopratutto in taluni luoghi e periodi anticipanti certe condizioni della vita moderna, Vimportanza di tali beni si accentua assai prima. Da inventari di fortune patrizie, sappiamo che a Venezia, fin dal secolo XIII, essi entravano per gran parte nei piu vistosi patrimoni (2). E i Monti delle città italiane offrirono certo molto presto, ad un numero spesso cospicuo di risparmiatori, un investimento abbastanza sicuro in titoli discretamente negoziabili. Ma, per quanto indiscutibilmente di entitd rilevante, codesti ante- nati degli odierni debiti pubblici costituivano pur sempre, nel- l’Europa feudale e fino ad epoca assai tarda, delle eccezioni locali ; come conferma fra l’altro la richiesta che di tali valori fungibili e trasferibili veniva fatta da persone facoltose persino di lontani centri mercantili (3). Decime, censi, livelli

Lentamente e fra molte difficoltà si venivano invece elaborando, in quasi tutti i paesi, tipi diversi di accordi cre- ditizi, adatti a dare impiego il pit possibile tranquillo ai capitali liquidi non speculati direttamente. Le decime, i censi, i livelli furono nel medio evo altrettanti strumenti giuridici creati a tal uopo (4), allorquando i prestiti pubblici rimanevano operazioni private, quasi sempre per grosse somme, che soltanto attraverso Vintermediazione dei comuni o delle corporazioni rappresentative pit solvibili inco- minciavano, e abbastanza tardi, a ripartirsi fra numerosi sottoscrit- tori (5). La prima emissione di rendite perpetue risale in Francia a Francesco I, pel tramite della citts di Parigi (6). In Inghilterra non

(1) Cfr. Il credito - Milano, 1884, p. 73.

(2) L’eredita di Raniero Zeno, morto nel 1268, constava per circa 4/5 di ricchezza mobiliare, e solo per 1/5 di immobiliare. Cfr. G. Luzzatto, «Il patrimonio privato d'un Doge del secolo XIII», in Atti Ateneo veneto, 1924.

(3) Cosi, pei Iuoghi genovesi, i mercanti astigiani, nel periodo di massimo splendore della loro cittaé..Cfr. A. Brezzi, L’attivita ed espansione commerciale del comune di Asti durante la sua indipendenza nell’X1, XII, XIII e XIV secolo. Tesi di laurea. - Torino, Regio Istituto superiore di studi economici e commerciali, 1926.

(4) Cfr. L. E1inaupi, Corso di scienza delle finanze - Torino, 1914, p. 719.

(5) Cfr. G. ScHMOLLER, Lineamenti di economia nazionale (tr. it.) - Torino, 1909, vol. II, p--321-e sgg.

(6) Cfr. L. MouceotT, Rapport portant fixation du budget général de l’exercice 1908 Paris, Chambre des deputés, sess. 1907, n. 1252, p. 1 e sgg. Di poco posteriore (1596) @ la revoca di tutti i debiti contratti, decretata, in termini di memoranda ipocrisia, da Filippo II di Spagna. Cfr. H. WITHERS, Stocks and shares, 3% ed. - Londra, 1914, p. 9 e sgg. [p. 14 modifica]-14-

se ne ebbe prima del 1694, quando si creò, specialmente a tal fine, la Banca d’Inghilterra. In Austria la prima emissione è del 1707, per 40 milioni di fiorini (1). Dei 7 miliardi e 800 milioni che, se- condo i calcoli del Flora, avrebbero costituito l’insieme dei debiti pubblici mondiali al tempo della pace di Utrecht (2), soltanto una minima parte assumeva la forma tecnica che si è generalizzata oggidi; mentre la massima consisteva in obbligazioni e contratti vari, fonte di negoziazioni, giuridiche ed economiche, complicatissime. Cariche venali. Alienazioni di imposte.Rendite fondiarie.

Un posto di primaria importanza spettava in tali affari alla venalita delle cariche, create in gran numero, nei momenti di bisogno, per poterle cedere, accordando al titolare il diritto perpetuo di percepirne gli emolumenti. Le ricevute del prezzo, che circolavano perfino in bianco, eran divenute in Francia dei veri titoli al portatore (3); carattere che assumevan pure talvolta i documenti di cessione dei proventi di certe imposte, stabilite non di rado (come taluni degli «arrendamenti» napoletani del periodo vice-regnale),per venderne il diritto di riscossione mondo durante (4). Una mobilizzazione analoga di redditi perpetui avveniva con la costituzione delle « rendite fondiarie », che davan diritto ad un’annualita perfettamente trasferibile sui frutti d’una terra, la pigione di una casa, i proventi di una prerogativa feudale, d’una decima ecclesiastica, ecc.

Le facolté di riscatto, spesso incluse in tali stipulazioni, divenivano a loro volta oggetto di transazioni separate ed indipendenti. Divennero parimenti, dal secolo Xvi in poi, forme di investimento mobiliare ricercatissime le <<rendite costituite>> o pensioni sull’insieme del patrimonio o delle entrate del debitore di una somma (spesso area non restituibile) (5). Sulle alee di simili operazioni non occorre insistere, non essendo spesso la solvibilita dei privati, durante le frequenti crisi politiche ed economiche, molto superiore a quella dei principi, e assai incerta rimanendo pure, checché si dica, la fede degli enti locali, per lo pit pessimamente amministrati (6), Ma, non ostante le frequenti perdite e la disagiata procedura, il bisogno a cui, bene

(1) Cf. F. Frora, Manuale di scienza delle finanze, 6% ed. - Livorno, 1921, p. 735n (2) Ibid. (3) Cfr. D’AvENEL, La fortune privée a travers sept siécles, p. 73 e sgg. (4) Cfr. L. BIANCHINI, Principii del credito pubblico, 24 ed. - Napoli, 1831, p. 15. (5) Cfr. D’AvENEL, La fortune privée a travers sept siécles, p. 75 e sgg. (6) Cfr. F. FUNcK-BrENTANo, L’ancien régime, 8% ed. - Parigi, 1926, p. 476. [p. 15 modifica]-15- o male, soddisfacevano codesti espedienti creditizi era tale da svilupparli, durante due secoli, in misura e con progressione imponenti. Le classe dei rentiers nel settecento A partire invero dal seicento, la classe dei viventi, in tutto o in parte, dei frutti di capitali dati a prestito in modo stabile si moltiplica con singolare rapidita nell’occidente d’Europa. La soppressione di un trimestre degli interessi pagabili sull’Hétel de ville nel 1648 figura gia fra i motivi occasionali della Fronda, come testimonia la satira di Boileau (1). Pochi anni dopo Colbert, riordinando la finanza, elenca nel regno 45.780 cariche vendute, il cui valore al prezzo corrente é di 417 milioni di lire, sebbene non importino che a 4 un carico annuo di 8 milioni e mezzo per I’erario (2). Moltissimi rentiers lasciano i loro peculii nell’avventura di Law; la quale d’altro lato serve a riprovare la loro importanza ed il loro numero, se ai medi e piccoli portatori di titoli la commissione liquidatrice I giudica necessario accordare parziali indennizzi, per evitare gravi torbidi (3). Forse a cagione della forte crisi sofferta in quell’ occasione dalla media borghesia redditiera, la sua condizione economica verso la meta del secolo é, da taluni storici, ritenuta modesta, e fondata comunque, per la maggior parte, su beni stabili (4). Tale pia é pero non pare fosse l’opinione di Turgot, che citava gid come assal importante il ceto dei capitalisti viventi di entrata, senza lavorare (5) ; pur senza giungere ad affermare col Linguet che «la moitié de la nation consiste en rentiers, dont le revenu est assigné sur le Roi ou 143 sur les particuliers » (6). Ma una formidabile spinta al moltiplicarsi improvviso di questa classe é data dalla politica di espedienti e di debiti d’ogni specie praticata da Necker (7). Di modo che la


(1) Cfr. I. BaINvILLE, Histoire de France - Parigi, 1925, p. 158. Nel 1589 si contavan gid i" 3.428.000 lire di « rentes sur |’Hétel de ville ». Il governo ne operé ripetute « riduzioni » ; Colbert sopratutto si vantava di averne operate parecchie, per cui le rendite che egli aveva trovate erano, nel 1670, diminuite di 1/3. Cfr. H. SEE, Les origines du capitalisme moderne - Parigi, 1926, p. 94. Taine ha contati non meno di 56 ripudi di debiti pubblici, da Enrico [V alla rivoluzione.

(2) Cfr. C. NormManp, La bourgeoisie frangaise au XVII siécle - Parigi, 1908, p. 21 e sgg.

(3) Cfr. E. LeyassEuR, Recherches historiques sur le syste me de Law - Parigi, 1854, p. 290 e sgg. La bancarotta di Law fu notoriamente una delle cause che diedero la spinta agli entusiasmi fisiocratici per le rendite e la vita agricola. Sintomatico é il couplet che ebbe voga allora, a celebrare la felicita del proprietario vivente nel suo podere in confronto alle disgrazie dei possessori di beni mobiliari:



J'ai pour systéme en ces lieux Cent arbres de fruits différents Du vin, qui rend l'esprit tranquille Me font autant de dividens

Et pour banque sous mes yeux C’est sur ces fonds toujours certains Un jardin d’un terrain fertile. Que je me paje de mes mains.

(4) Cfr. H. Sf, La vie économique et les classes sociales en France au XVIII siécle Parigi, 1924, p. 189.

(5) Cfr. Réflexions sur la formation et la distribution des richesses, § 24.

(6) Cfr. G. WEULLERSE, Le mouvement jhysiocratique en France - Parigi, 1910, v. Il, p. 429 e sgg.

(7) Cfr. BatNvILLE, Histoire de France, p. 236. [p. 16 modifica]-16-

sola categoria dei prestiti vitalizi, da lui prediletta, ammonta, ancora nel 1793, a circa un miliardo, portante un interesse medio del 10% (1). La liquidazione rivoluzionaria fornisce finalmente i dati per valutare approssimativamente l’entita di simili redditi e la loro distribuzione. Nel 1789 i debiti pubblici non vitalizi rappresentano un capitale di 415 milioni di lire e le cariche e uffici venduti una rendita annua di 626 milioni (2). Le rendite vitalizie sulla citta di Parigi sommano a 101 milioni annui, per un capitale di 1 miliardo 861 milioni (3). Nel 1792 lo Stato paga complessivamente interessi sopra un debito di 3 miliardi di lire, ripartito fra 1.200.000 titolari (4), La disinvoltura confiscatrice con cui si procede all’unifi- cazione del gran libro, combinandosi col precipizio degli assegnati, riduce a ben poco tale onere, rovinando i creditori (>). Ma non sta meglio la massa, forse altrettanto grande, di coloro che avevano investite somme in mutui privati; colpiti in pieno, oltre che dalle conseguenze dello svilimento monetario, dalla soppressione senza indennita dei diritti feudali, i quali, contrariamente a quanto con- tinua a ripetere la leggenda demagogica, erano ormai ridotti a rendite trasmesse e negoziate di possessore in possessore, e per- venuti quasi tutti, a titolo oneroso, a mani di piccoli e medi rentiers, ridotti, in difetto di altre occasioni, a questo mezzo di investimento (6), Per la seconda volta dunque in un secolo questa classe esce in Francia, poco meno che sterminata da un cataclisma economico e politico. Durante il Direttorio si apre a Parigi un asilo per le vittime del fallimento e delle spogliazioni di Stato, pei derelitti rentiers (7) ; di cui i De Goncourt han descritta a cosi vivi colori la disperata

(1) Cfr. R. Arnaup, La débécle financiére de la Révolution - Cambon, Parigi, 1926, p. 202.

(2) Ibid.

(3) Cfr. M. Marion, Histoire financiére de la France dépuis 1715 - Parigi, 1914, t. I, p. 472 e sg.

(4) Cfr. Arnaup, La débdcle financiére de la Révolution - Cambon, p. 202.

(5) Altri gravi danni colpiscono i portatori delle nuove rendite consolidate per le crisi di borsa provocate dalla politica imperiale, a cui invano tenta far argine il fertile ingegno del ministro Mollien. M. Marion, Histoire financiére de la France dépuis 1715, vol. IV,

p. 242 e sgg. (6) Il tribuno Gary, nella seduta 25 ventoso anno VIII, mostré come « migliaia di famiglie tutt’altro che nobili fossero state cosi ridotte alla disperazione ». La legge

17 luglio 1793 @ stata realmente una delle misure spogliatrici della rivoluzione; anche perché, nella sua immediata applicazione, essa and6 oltre il segno, confondendosi coi diritti signorili le semplice rendite fondiarie e censuarie. Ma tutti i tentativi fatti durante il direttorio ed il consolato per revocarla in parte, dando qualche soddisfazione ai diritti acquisiti, naufragarono per l'invincibile opposizione popolare, sfruttata dai demagoghi. In realta la legge fu il corrispettivo dato dalla rivoluzione al consenso politico dei contadini. Cfr, A. AuLarp, La révolution francaise et le régime féodal - Parigi, 1919, p. 298 e sgg. (7) Cfr. A. VanpaL, L’avénement de Bonaparte - Parigi, 1910, vol. I, p. 445. [p. 17 modifica]-17- miseria (1). La fobia tradizionale per gli impieghi mobiliari, per- niciosa allo spirito di risparmio, ne riceve nuovo, straordinario incentivo. Il codice Napoleone, con |’importanza preponderante accordata alla proprieta stabile, sanziona, in certo modo, il concetto di «res mobilis, res vilis » degli antichi trattatisti (2).

A fatti analoghi, sebbene non dovunque tanto gravi, seguono negli altri paesi analoghi effetti. I] sovvertimento sociale, che si pro- paga dovunque si estende il contagio rivoluzionario francese, e la catastrofe della carta moneta, comune a tutti i popoli implicati nelle guerre napoleoniche, agiscono uniformemente in tal senso. In Austria il disordine delle emissioni, iniziate nel 1762 ma molti- plicate oltre misura dopo il 1797, semina a larga mano la rovina (3). In Prussia, dopo Jena, la poverta delle classi medie é tale che gli sposi si scambiano anelli di ferro anziché d’oro (4). Anche, del resto, nei giovani Stati Uniti d’ America, la politica finanziaria della guerra di indipendenza aveva ridotto del 9714 % il valore reale dei crediti, inducendo il congresso a includere nella nuova costituzione il divieto formale di emettere in avvenire della moneta inconvertibile, a tutela del risparmio, distrutto e terrorizzato (5). In Italia, a tacere per ora del Piemonte, la sorte dei redditieri risulta ben poco invi- diabile specialmente in Lombardia e nel Veneto, dove la liquida- zione dei diritti comunque connessi al vecchio regime da luogo ai massimi arbitrii. « Verso i suoi debitori la Repubblica non si cre- dette tenuta che alla naturale obbligazione de in rem verso, senza far conto delle modalita e garanzie dei contratti, e manomettendo quindi le misure degli interessi, trascurando i vincoli ipotecari e qualsiasi altro titolo di preferenza, Consulté bensi la storia delle istituzioni, ma soltanto per sentenziare a seconda della legittimita

(1) Cfr. Histoire de la société francaise pendant le Directoire, 3* ed. - Parigi, 1864, p. 149 e sgg. Documenti impressionanti sulla royina dei rentiers reca Marion, Histoire financiére de la France dépuis 1715, t. lll, p. 343 e sgg.

(2) Cfr. A. De MirEMoNDE, Comment gérer sa fortune - Parigi, 1926, p. 132. Con- corrono a cid anche altre cause. Napoleone ebbe, come é noto, una spiccata antipatia per qualunque ricorso al credito, specie con emissioni di rendita. Come metodi finanziari, dice un grande uomo d’affari contemporaneo, egli non conobbe che la fiscalita o la preda bellica. Cfr. G. OuvrarD, Mémoires sur sa vie et ses diverse operations financiéres, 32 ed. - Parigi, 1826, vol. I, p. 137. La verita é che viva era nella sua memoria la dura lezione della recente catastrofe cartacea; e del resto i corsi sempre depressi della rendita sconsigliavano di aumentarla. Pochi, in realt&, erano allora i valori mobiliari negoziati alla borsa di Parigi, anche per le ottime occasioni di investimenti immobiliari convenientissimi offerte dalla liquidazione dei beni nazionali e perché gli impieghi industriali e commerciali si facevan per lo piu direttamente, con accomandite, ipoteche, ecc. Cfr. L. Lanzac pe LaporiE, Paris sous Napoléon. Le monde des affaires et du travail - Parigi, 1910, p. 237.

(3) Cfr. R. G. Levy, Bangues d’emission et tresors publics, 2% ed. - Parigi, 1912, p. 129 e sgg.

(4) Cfr. G. Huarp, L’évolution de la bourgeoisie allemande - Parigi, 1919, p._224.

(5) Cfr. Y. Guyot et A. RaFFALovicH, Inflation et déflation - Parigi, 1921, p. 72 e sgg.


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dei caratteri fondamentali, arbitrandosi di ritornare su precedenti sanzioni e su solenni promesse della pubblica fede. | portatori di titoli dei monti lombardi di varia origine e tipo furono cosi sottoposti ad una revisione spogliatrice; mentre anche pit sfrenatamente spadroneggiava la retorica rivoluzionaria nelle leggi abolitive dei privilegi, fonte, qui come in Francia, di generali violazioni di rapporti di diritto privato. Il peggio @ poi che le depredazioni del governo repubblicano «non sdegnano consacrare quelli, regolari e conservatori, che gli succedono; i quali anzi li aggravano coi sofism1 fiscali a loro propri; onde p. e. troviamo rovinata la societa postale dei corrieri veneti, |’umile esercizio di certe botteguccie di Venezia, e tutti i titolari di cariche cittadine della stessa repubblica,il governo democratico toglie il privilegio,ai quali perché d’origine aristo cratica, ed il monarchico toglie ]’indennita, perché concessione dei democratici!» (1). Peggio pero che in qualsiasi altro luogo gli effetti di arresto prodotti dalla bancarotta pubblica alla formazione di capitali devon essersi resi visibili in Olanda, citata da Adamo Smith e dagli scrittori settecenteschi come il prototipo delle piazze finanziarie pit. evo lute e dove la simpatia del pubblico pei valori mobiliari (di Stato, nazionali ed esteri, e di grandi compagnie) gia era tale da render possibile di imporre per legge |’impiego in tale forma dei beni dei minori, ecc. L’invasione francese,ridusse,secondo il Thiers, della meta le entrate di quei redditieri, creditori spesso di governi stranieri in dichiarata bancarotta (Spagna), o in parziale fallimento (Austria, Prussia, Russia) (2); ma sembra che le loro perdite siano state ben maggiori (3). La verita é che, dei grandi paesi europei, la sola Inghilterra emerge dalle traversie di quell’epoca senza che la fede dei suoi risparmiatori sia stata posta a troppo dura prova. Ivi pure la voga degli investimenti mobiliari si era lentamente affermata, non senza subire altresi dure delusioni. Macaulay ricorda quante difficolta ed incognite rappresentasse, per un borghese della fine del seicento, il problema di mettere al sicuro il soprappit di entrate del suo bilancio


(1) Cfr. E. Greppl, Prefazione a A. ViETTI, hanno formato il primo Regno d’Italia, secondo lombardo - Milano, 1884, p. XIl e sgg. Nasce da di possessori di capitale, specialmente mobiliare; il debito pubblico nelle provincie che i documenti del R. Archivio di Stato codesto sovvertimento una nuova classe ma con una mentalita assai diversa da del secolo xIx al 1860», in La Cassa di risparmio economica della regione - Milano, 1923, p. 343 e (2) Cfr. Histoire du consulat e de l’empire Parigi, 1855, t. XII (3) Cfr. I. E. Barker, The rise and decline of the Netherlands - Londra, 1906, p. 435. [p. 19 modifica]Pagina:Prato - Risparmio e credito in Piemonte nell'avvento dell'economia moderna - 1927.pdf/23 [p. 20 modifica]Pagina:Prato - Risparmio e credito in Piemonte nell'avvento dell'economia moderna - 1927.pdf/24 [p. 21 modifica]Pagina:Prato - Risparmio e credito in Piemonte nell'avvento dell'economia moderna - 1927.pdf/25 [p. 22 modifica]Pagina:Prato - Risparmio e credito in Piemonte nell'avvento dell'economia moderna - 1927.pdf/26 [p. 23 modifica]Pagina:Prato - Risparmio e credito in Piemonte nell'avvento dell'economia moderna - 1927.pdf/27 [p. 24 modifica]Pagina:Prato - Risparmio e credito in Piemonte nell'avvento dell'economia moderna - 1927.pdf/28 [p. 25 modifica]Pagina:Prato - Risparmio e credito in Piemonte nell'avvento dell'economia moderna - 1927.pdf/29 [p. 26 modifica]Pagina:Prato - Risparmio e credito in Piemonte nell'avvento dell'economia moderna - 1927.pdf/30 [p. 27 modifica]Pagina:Prato - Risparmio e credito in Piemonte nell'avvento dell'economia moderna - 1927.pdf/31 [p. 28 modifica]Pagina:Prato - Risparmio e credito in Piemonte nell'avvento dell'economia moderna - 1927.pdf/32

  1. Cfr. Z. C. Dickinson, Economic motives - Cambridge, 1922, p. 254 e sgg.