Rinuccini, il buon nocchiero

Gabriello Chiabrera

XVII secolo Indice:Opere (Chiabrera).djvu Letteratura Rinuccini, il buon nocchiero Intestazione 4 agosto 2023 75% Da definire

Qual di tanto valore Io pure il sento, ahi lasso! io pure il miro
Questo testo fa parte della raccolta Canzonette di Gabriello Chiabrera


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X

AD OTTAVIO RINUCCINI

Dissuade l’Amore.

Rinuccini, il buon nocchiero,
     Che più volte ha tratto il legno
     Dal disdegno
     Di ria Tetide spumosa,
     5Rasserena il suo pensiero,
     E del mal sente conforto,
     Quando in porto
     Con salute ei si riposa;
     E la strada perigliosa,
     10Che sovente
     Lui cangiar fece l’aspetto,
     Mostra agli occhi della gente,
     Che d’udir prende diletto.
Io, che corsi in gran periglio
     15L’Oceän di Citerea,
     Mentre ardea
     Miei pensier vana bellezza;
     Tutto lieto a narrar piglio
     Di quei rischi oggi, che l’alma
     20Stassi in calma
     Dentro il sen della vecchiezza.
     Rinuccin, forse vaghezza,
     Che hai d’Amore,
     Farà gir mie voci al vento;
     25Ma pentir non è dolore,
     Là ’ve giova il pentimento.
Che fanciul grand’arco tenda,
     E di vel fasciato gli occhi,
     Indi scocchi
     30Ad ognor veneni e strali;
     Ch’ei gran face ognora accenda,
     E di fuoco empia suo regno,
     Non è segno,
     Ad udir, salvo di mali:
     35Deh! che sperano i mortali
     Dalle reti,
     Ch’empiamente egli dispiega?
     Forse attendono di lieti
     Dalle man di chi gli lega?

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40Se Saturno ha per costume
     Di cangiar, venuto amante,
     Suo sembiante,
     E formare alti nitriti;
     E se Giove or veste piume,
     45Or trabocca in pioggia d’oro,
     Ora toro
     Dell’Egeo trascorre i liti;
     E se il Sol fonti fioriti
     Dietro a gregge
     50Va cercando, e fresche aurette,
     Certo invan più nobil legge
     In amando Uom si promette.
Manterran forse rinchiuse
     Qui l’orecchie i folli amanti,
     55Ed i canti
     Favolosi avranno a scherno:
     Non si schernano le Muse:
     Esse dir sotto alcun velo
     San del Cielo
     60I segreti, e dell’Inferno.
     Ma scopriamo il senso interno
     De’ miei versi,
     S’ei fin qui non si comprese:
     Cosa degna di sapersi,
     65È dover che sia palese.
Quali amando ingiurie ed onte
     Non sofferse, o quali affanni,
     O quai danni
     Il famoso Antonio in guerra?
     70Può di lauro ornar la fronte,
     Può gridarsi a grande onore
     Vincitore
     E del mare e della terra;
     Pur così trascorre ed erra,
     75Che abbandona
     Le sue squadre fuggitivo,
     E sul Nilo s’imprigiona
     A morir quasi cattivo.
Le corone desïate
     80D’Orïente e d’Occidente,
     Star possente
     In sul giogo di Tarpea:
     Al fin vita e libertate,
     Non poteo poco, nè molto
     85Contro il volto
     D’una donna Canopea.
     Or lasciam questa si rea
     Disventura,
     E volgiam nostri vestigi
     90A mirarne altra più dura
     Sulla riva del Tamigi.
Non fioriva al Mondo esempio
     Di valor, d’ogni atto egregio,
     D’ogni pregio,
     95A dì nostri il buono Enrico?
     Qual cagion sanguigno ed empio,
     Qual di strazio e di tormento,
     Qual d’argento,
     Oltre il giusto il fece amico?
     100Quando a Roma aspro nemico
     Il gran Dio
     Ei sprezzò, qual cosa vile,
     Tal furor non fu desío
     Di vil guancia femminile?
105Lunghe lagrime e querele,
     Lunghi all’Asia oltraggi e torti,
     Lunghe morti
     Apportò l’Argiva Eléna;
     Ma destin non men crudele
     110Nè men grave a sofferirsi
     Fe’ sentirsi
     Per l’Europa Anna Bolena.
     Quanti Amore, ah tanti appena
     Sparge guai
     115Odio acceso in alma altera!
     Ove è Amor, non corra mai
     Altra Aletto, altra Megera.