Rime varie (Alfieri, 1912)/CLIX. Compiendo il quarantacinquesimo anno

CLIX. Compiendo il quarantacinquesimo anno

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CLIX. Compiendo il quarantacinquesimo anno
CLVIII. A Firenze CLX. Per la malattia dell'Abate di Caluso

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CLIX [clxxxiix].1

Compiendo il quarantacinquesimo anno.

Del dí primier del nono lustro mio
Già sorge l’alba. Ecco, prudenza e senno
Siedonmi al fianco; e in placid’atto e pio,
4 A una gran turba di sgombrar fan cenno.2
Le audaci brame, e l’ire calde, e il brio
Giovenil, che all’errar norma mi dienno;3
Ed altri ed altri i di cui nomi oblio,
8 Tutti or dan loco: ed obbedir pur denno.
Ma, né pur segno di voler ritrarsi
Fanno due alteri, il cui tenace ardore
11 Par che col gel degli anni osi affrontarsi:
Poesia che addolcisce e innalza il core
Vuol meco ancor, scinto il coturno,4 starsi;

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14 E, sotto usbergo d’amistade, Amore.5


Note

  1. Il primo anno della dimora dell’A. in Firenze fu speso, oltreché nel cercare un alloggio conveniente per sé e per la Contessa, nel proseguimento della traduzione dell’Eneide e di Terenzio, nella composizione di parte del Misogallo e nel recitare, con alcuni giovani e con una signora, le proprie tragedie. Cosí, per tutto il 1793, il Canzoniere non si arricchí di un sonetto e solo ai primi del ’94 si rinnovò, anche in questo campo, l’attività letteraria del nostro Poeta. Il sonetto che ho surriportato, e che è nell’autografo privo di data, dev’essere stato necessariamente composto verso la metà di gennaio del ’94, e non si capisce come alcuni editori l’abbiano collocato fra i componimenti del 1790.
  2. 4. La turba delle passioni giovanili, specificate nei versi seguenti.
  3. 6. Che all’errar norma mi dienno, che mi spinsero all’errore.
  4. 13. Scinto il coturno, abbandonata la poesia tragica; l’ultima tragedia doveva essere il Bruto II, composto a Colmar nel 1786, e su cui l’A. «aveva rinnovato il giuramento ad Apolline piú solenne che non avesse fatto mai»: (Aut., IV, 16°): senonchè nel ’98, avendo letta l’Alceste di Euripide, ne fu cosí scosso e cosí intenerito che prima la tradusse, poi ne scrisse una sullo stesso argomento.
  5. 14. Usbergo, corazza, difesa. Il verso è un po’ oscuro, mi sembra; ma forse l’A. vuol dire che l’affetto che egli provava allora per la Contessa era, oltreché amore, amicizia, non già che il loro amore in faccia al mondo si celasse sotto l’aspetto dell’amicizia; ormai, qual relazione li stringesse era noto lippis et tonsoribus, e sarebbe stato inutile voler far apparire una cosa per l’altra.