Rime nuove/Libro VI/Ninna nanna di Carlo V

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LXXX.

NINNA NANNA DI CARLO V1


In Brusselle, a l’ostel, sola soletta,
Di tre giovini sposi vedovetta,
Sta Margherita d’Austria; e s’affretta
4Una camicia bianca ad agucchiare.

A lei da canto il nipotino in culla
Con un magro levriero si trastulla:
Ha le mascelle a guisa di maciulla,
8Cascante il labbro sotto; e infermo pare.

Di maligna caligine velate
Intorno a lui si volgono tre fate,
E del mal di tre secoli beate
12Tessono intorno a lui questo cantare.

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— Salve, o fanciul da la faccia cagnazza:
Salve, o figliuol di Giovanna la pazza:
Salve, o pollone de la mista razza
16Che dee la terra cristiana aduggiare.

La discordia de i sangui per tre rivi
E il bulicame de i pensier cattivi
E l’accidia de gl’impeti mal vivi
20Sale nel tuo cervello a fermentare. —

Poi l’una: ― Io son la furia di Borgogna
Che nulla attinge e tutto il mondo agogna.
Io trassi il Temerario con vergogna
24Nel toro d’Uri indomito a cozzare.

E boccon giacque, corpo dispogliato,
Tra i ghiacciuoli d’un lago innominato.
Questo l’augurio il simbolo ed il fato
28Che lo tuo regno segua in terra e in mare. ―

— La vertigine io son — quell’altra dice —
Che tragge Max di pendice in pendice
Per l’alpe del Tirolo: e l’infelice,
32Seguendo me, dismenta l’accattare.

Hallalí,2 hallalí, gente d’Habsburgo!
Ad una caccia eterna io con te surgo;
Poi nel sangue de i popoli mi purgo,
36E nel tuo, dal travaglio del cacciare. —

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— Ed io son la pazzia — la terza fata
Dice — , e son de la morte innamorata:
La bara per il talamo ho scambiata,
40E sol nel cataletto io posso amare.

Non odi tu Giovanna che si lagna?
T’aspetto a Yust. Vuo’ sotto il ciel di Spagna,
Perché la razza tua meco rimagna,
44Il mostruoso Escurïal murare. —

Poi tutt’e tre — Nel cuor tuo brabanzone
Il mezzogiorno ed il settentrïone
Saran con torbid’ impeti a tenzone,
48Per poi in calma livida fiaccare.

O primo ereditario imperatore,
O primo d’Eüropa accentratore,
Su ’l vecchio tempo che libero muore
52Vien’ la rete dinastica a gettare.

Su ’l nuovo tempo che libero nasce,
A cui Lutero dislaccia le fasce
E di midolla di pensier lo pasce,
56Vien’ la rete ecclesiastica a gettare.

E tu, Margotta, cucitrice ardita,
Che in fretta meni su e giú le dita,
La camicia di Nesso è ancor finita?
60Presto! vogliam l’Europa imbavagliare. —



Note

  1. [p. 746 modifica]Margherita d’Austria, la “buona cucitrice„ come gloriavasi ella “di camice„, e la storia aggiunge di trattati, non fu propriamente vedovetta di tre mariti, perché il primo, Carlo viii di Francia, non le fu piú voluto dare, dopo fidanzatala e fattala a ciò educare in Francia. È conosciuto l’epitaffio che in certa occasione ella compose per sé:

    Ci gît Margot, la gente demoiselle
    Qu’ eut deux maris et si mourut pucelle.


    Il resto è storia generale.

  2. [p. 747 modifica]Hallalí è grido di caccia nella lingua francese, oggi accolto, credo, anche nelle nobili cacce italiane; e può accogliersi, parmi, perché in fine non è altro che un composto d’interiezioni e di avverbi comuni alle due lingue.