Rime (Berni)/XXXV. Capitolo a Messer Francesco Milanese

XXXV. Capitolo a Messer Francesco [Navizzani] Milanese [invitandolo a Venezia]

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Francesco Berni - Rime (XVI secolo)
XXXV. Capitolo a Messer Francesco [Navizzani] Milanese [invitandolo a Venezia]
XXXIV. Sonetto in descrizion d'una badia XXXVI. Capitolo a Messer Marco Veneziano

  

Messer Francesco, se voi sète vivo
(perch’i’ ho inteso che voi sète morto),
3leggete questa cosa ch’io ve scrivo;
  
per la qual vi consiglio e vi conforto
a venir a Venezia, ch’oggimai
6a star tanto in Piacenza avete torto;
  
e quel ch’è peggio, senza scriver mai,
ché pur, s’aveste scritto qualche volta,
9di voi stariamo più contenti assai.
  
Qui è messer Achille dalla Volta,
e ’l reverendo monsignor Valerio,
12che dimanda di voi volta per volta
  
e mostra avere estremo desiderio;
né pur sol egli, ma ogni persona
15n’ha un martel ch’è proprio un vituperio;
  
lasciamo andar monsignor di Verona,
nostro padron, che mai né dì né notte
18con la lingua e col cuor non v’abbandona.
  
Se voi aveste, non vo’ dir le gotte,
ma il mal di santo Antonio e ’l mal franzese
21e le gambe e le spalle e l’ossa rotte,
  
doveresti esser stato qua già un mese,
tanto ogniun si consuma di vedervi
24e d’alloggiarvi e quasi far le spese.
  
Ma non dissegni già nissun d’avervi,
ch’i’ vi vogl’io; e per Dio starei fresco,
27se’ forestieri avessino a godervi.
  
Venite via, il mio messer Francesco,
ché vi prometto due cose eccellenti,
30l’un’è ’l ber caldo e l’altra il magnar fresco.
  
E se voi arrete mascelle valenti,
vi gioverà, ché qui si mangia carne
33di can, d’orsi, di tigri e di serpenti.
  
I medici consiglion che le starne
quest’anno, per amor delle petecchie,
36farebbon mal, chi volesse mangiarne;
  
ma de questi lavori delle pecchie,
(o ape, a modo vostro) vi prometto
39che n’avem co i corbegli e con le secchie.
  
Io parlo d’ogni sorte di confetto:
in torte, in marzapani e ’n calicioni
42vo’ sotterrarvi insin sopra el ciuffetto;
  
capi di latte santi, non che buoni
(io dico capi, qui si chiamon cai),
45da star proprio a magnarli in ginocchioni;
  
poi certi bozzolai impeverai,
alias berlingozzi e confortini:
48la miglior cosa non magnasti mai.
  
Voi aspettate che l’uom ve strascini;
venite, ché sarete più guardato
51che ’l doge per la Sensa da i facchini;
  
sarete intratenuto e corteggiato,
ben visto da ogniun com’un barone,
54chi v’oderà se potrà dir beato;
  
parrete per queste acque un Anfïone,
anzi un Orfeo, che sempre avea dirieto
57bestie in gran quantità d’ogni ragione.
  
Se sète, com’io spero, sano e lieto,
per vostra fe’ non mi fate aspettare,
60né star tanto con l’animo inquïeto.
  
Ècci onestamente da sguazzare,
secondo il tempo; ècci il Valerio vostro
63ch’in cortesia sapete è singulare.
  
Ciò ch’è di lui possiam riputar nostro,
e pane e vin: pensate ch’adess’io
66scrivo con la sua carta e col suo inchiostro.
  
Stemo in una contrada et in un rio,
presso santa Trìnita e l’arzanale,
69incontro a certe monache d’Iddio,
  
che fan la pasqua come il carnovale,
id est che non son troppo scropulose,
72ché voi non intendeste qualche male.
  
Venite a scaricar le vostre cose
et a diritto; e venga Bernardino,
75ché faremo armonie miracolose.
  
Poi alla fin d’agosto o lì vicino,
se si potrà praticare el paese,
78verso el patron pigliarem il camino,
  
che l’altr’ier se n’andò nel veronese.