Racconti fantastici (Nodier)/Smarra o il demonio della notte/Epilogo

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Smarra o il demonio della notte - L'epodo Il genio buonuomo
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EPILOGO


Ilic umbrarum tenui stridore volantum
Ilebilis auditur questus, simulacra coloni
Pallida, defunctasque vident migrare figuras. 1
Claudio.


Giammai potrei prestar fede a queste vecchie favole nè a questi giuochi d’incanto. Gli amanti, i pazzi e i poeti hanno cervelli ardenti, una immaginazione che non concepisce che fantasmi, e le cui concezioni, rivolgendosi in un ardente delirio si trasportano tutte al di là dei limiti della ragione.

Shakspeare.


Ah! chi verrà a spezzare i loro pugnali? chi potrà cancellare il sangue di mio fratello e richiamarlo alla vita? Oh! che cosa sono venuto a cercare qui? Eterno dolore! Larissa, Tessaglia, Tempe, flutto del Peneo che aborro! O Polemone, caro Polemone!..

«Che parli tu, in nome del nostro buon angelo, che parli tu di pugnali e di sangue?... Chi ti fa balbettare da cosi lungo tempo delle parole senz’ordine alcuno, a gemere con voce soffocata come un viaggiatore che ci assassini nel sonno, ed è risvegliato dalla morte? Lorenzo, mio caro Lorenzo!...

Liside, Liside sei tu che m’ha parlato? In verità ho credulo di riconoscere la tua voce, e ho pensato che le ombre se ne andavano. Perchè mi hai abbandonato, mentre io ricevevo nel mio palazzo di Larissa gli ultimi sospiri di Polemone, in mezzo alle streghe che danzano di gioia? Vedi come esse danzano di gioia...

«Ohimè! io non conosco nè Polemone, nè Larissa, nè la formidabile gioia delle streghe della Tessaglia. Non conosco che Lorenzo. Fu ieri — l’hai tu potuto dimenticare tanto presto? che ritornava per la prima volta il giorno che ha veduto consacrare la nostra unione; fu ieri l’ottavo giorno del nostro matrimonio... guarda, guarda il giorno; guarda Arona, il lago e il cielo di Lombardia..»

Le ombre vanno e vengono; esse mi minacciano, par[p. 87 modifica]lano con collera parlano di Liside, di una bella casuccia sulla riva delle acque, e d’un sogno che ho fatto sur una terra lontana... esse ingrandiscono, mi minacolano, gridano...

«Di qual nuovo rimprovero vuoi tu tormenta mi, cuore ingrato e geloso?

Ah! so bene che tu gioisci del mio dolore, e non cerchi che di scusare qualche infedeltà o di coprire con un pretesto bizzarro una rottura già preparata... Io non ti parlerò più...»

Ov’è Teia, dov’è Mirteo, dove sono le arpe della Tessaglia? Liside, Liside, se non mi sono ingannato ascoltando la tua voce, la tua dolcissima voce, tu devi essere qui, a me vicino... tu sola puoi liberarmi dai prestigi e dalle vendette di Meroe... Liberami di Teia, di Mirteo, e anche di Telaira!...

«Sei tu, crudele, che porti troppo lontano la vendetta e che vuoi punirmi d’aver danzato troppo tempo con un altro al ballo dell’isola Della, ma s’egli avesse osato parlarmi d’amore, se m’avesse parlato d’amore...»

Per S. Carlo d’Arona, che Dio ve ne preservi per sempre! Sarebbe proprio vero, mia Liside, che noi siamo ritornati dall’isola Bella al dolce rumore della tua chitarra, fino alla nostra bella casa d’Arona, — di Larissa, di Tessaglia, al dolce rumore della tua arpa e delle acque del Peneo?...

«Lascia la Tessaglia, Lorenzo, svegliati... guarda i raggi del sole nascente percuotere la testa colossale di S. Carlo. Ascolta il rumore del lago, che viene a morire sul greto al piede della nostra bella casa d’Arona. Respira le aurette del mattino, che portano sulle loro ali freschissimo tutti i profumi dei giardini e delle isole, tutti i mormorii del giorno nascente. Il Peneo scorre ben lungi di qui.»

Tu non comprenderai mai ciò che ho sofferto questa notte sulle sue rive. Che questo fiume sia maledetto dalla natura, o maledetta anche la funesta malattia che ha travaglialo il mio animo per ore e ore lunghe più della vita, nelle scene di false delizie e di crudeli terrori! essa ha impresso su’ miei capelli il peso di dieci anni di vecchiaia!

«Ti giuro che non hanno imbiancato... ma un’altra volta, più attenta, unirò una delle mie mani nella tua, scorrerò l’altra nelle anella de’ tuoi capelli, respirerò tutta la notte il soffio delle tue labbra e mi difenderò da un sonno profondo per poterti sempre risvegliare, prima che il male che ti tormenta sia pervenuto al tuo cuore.

....Dormi tu?

Note

  1. S’ode questo flebil lamento pel tenue stridore delle volanti ombre, ed i coloni vedono emigrare i pallidi simulacri e le ombre dei morti.