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XXXIV.


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UESTA notte in battello, in alto mare,
Del mondo ci eravam dimenticati:
Ci dicevamo le parole care
4Che san soltanto dir gl’innamorati.

    E sentivam la voluttà cullare
I lieti sogni, i sogni nostri usati,
Ed alle labbra su dal cor montare
8Quei discorsi d’amor che son peccati.

    Quand’ella tacque da un pensier colpita
E dall’omero mio la testa bionda
11Improvvisa levò come atterrita,

    E colla faccia stranamente fissa
Nella notturna tenebra profonda,
14Taci — mi susurrò — laggiù c’è Lissa!


Rimini, Luglio 1869.