Poesie (Fantoni)/Odi/Libro II/XLV. Ad Alberto Fortis

XLV. Ad Alberto Fortis

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XLV

Ad Alberto Fortis

(1792)

     Colui che facil crede
vittima cade di una cieca insidia,
ché piú non regna fede,
ma avarizia, viltá, frode ed invidia.

     5Sol per desio dell’oro
di speme ogn’alma, oh nostra infamia! accendesi,
e nella reggia e al fòro
l’onor e la ragion scherzando vendesi.

     Etá beata, in cui
10tutti indistinto il suol godea di pascere,
né ancor a danno altrui
osato avea la tirannia di nascere.

     Quanto il gregge innocente,
era il cuore dell’uom di voglie povero,
15e alla tranquilla gente
una grotta porgea facil ricovero.

     Amor, fiamma gradita,
che natura alimenta, amor di tenere
gioie spargea la vita,
20fecondator del non corrotto genere.

     Fuggiam, Fortis, fuggiamo
da un clima infetto dal fetor del vizio,
ed intatti cerchiamo
in altre terre un piú felice ospizio.

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     Qui la virtude è un nome,
che usurpa avara ipocrisia; qui cingere
può sol d’allòr le chiome
chi sa meglio adular, curvarsi e fingere.

     Qui ai satrapi rapaci
non dá del mal oprar Temi demerito,
e, impunemente audaci,
l’ignoranza e il livor fan guerra al merito.

     Dell’oceáàn le chete
onde tentiamo, e sian meta al viaggio
quelle spiagge, che liete
offre Otaiti all’europeo, ch’è saggio.

     Ma no, pietosi i numi
ordin nuovo per noi di cose eleggono,
e gli antichi costumi
Libertade e Sofia caute proteggono.

     Giá il secolo cadente
le redini del tempo è pronto a cedere,
ed all’etá presente
una piú fausta etá veggo succedere.

     Invan nuovi tiranni
destan co’ primi o fingono congiure,
invan dei buoni a’ danni
giá fabbricate in ciel chiamaln sventure:

     tutti saranno eguali,
né incider si potran decreti spuri.
Esultate, o mortali:
un dio m’ispira i non dubbiosi augúri.

     Me vate, il secol fugge
d’argento, aureo lo segue, i ceppi frangere
può il vero, avvinto mugge
il vizio... Eh, cessa, Italia mia, di piangere!