Poesie (Fantoni)/Odi/Libro I/XXVIII. A Vincenzo Corazza
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XXVIII
A Vincenzo Corazza
(1787)
Del fuoco occulto giá palesa i lampi
della lucente Cassiopea lo sposo,
e sotto i sguardi di Procion sdegnoso
ardono i campi.
5Cercan le gregge ed i pastori ansanti
l’orror del bosco e il venticel del rivo,
ma stan degli antri nell’asil furtivo
l’aure vaganti.
Ascoso ai raggi del maligno cielo
10cerco ristoro al languido tormento,
e tazze vuoto d’effigiato argento,
colme di gelo:
né della lira all’armonia latina
a me sorride la castalia diva,
15che siede al rezzo con Belforte in riva
di Mergellina.
Cederá presto alle piú fresche e liete
notti l’estate il caldo fren dell’ore:
spegner potremo all’ippocrenio umore
20l’arida sete.
Né che tu poggi all’eliconia altezza
vietar potranno dell’etá gli affanni:
col giovin estro tu compensi i danni
della vecchiezza.
25D’edra e di lauri inghirlandato, accanto
ti veggo assiso alla tirrena sponda;
misto al soave mormorar dell’onda,
odo il tuo canto.
Così al loquace gorgoglio di un fonte,
30degli anni ad onta, dolcemente folle,
sedea fra Lesbia e fra Badilo il molle
Anacreonte.
Ma tu, piú saggio, alla virtude alletti
quei che nell’ozio ha la viltade immersi,
35e ai dotti e al volgo dalle labbra versi
miei di precetti.
Tende fra i giunchi la bramosa orecchia
Sebeto intanto, e con la destra appella
naiadi e fauni e l’alma verginella
40«ch’ama Marecchia».