Poesie (Fantoni)/Notti/IV. Per un aborto

IV. Per un aborto

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IV

Per un aborto


1
Vetro feral, che un’imperfetta imago
racchiudi in sen dell’esistenza umana,
e di saper all’intelletto vago
la motrice disveli azione arcana
della natura, che, in oprar delusa,
dell’esser, che non die’, la morte accusa;
2
     lucida tomba, che al paterno ciglio
scopri un tenero oggetto di dolore,
in te ritrovo non compito un figlio,
dolce fatica di un deluso amore;
in te una sposa, c’ho perduta, e... Ahi quanto,
figlio, tu costi al genitor di pianto!
3
     Pietosa al mio dolor, l’alba rinasce,
ma rinascon le lacrime con lei;
di tristezza il mio cor solo si pasce,
son un languido fonte i lumi miei;
mi turbano le chete eterne notti
con l’immagine tua sonni interrotti.
4
     Ma per chi piango? Il figlio mio non sente,
esser non ebbe e non esiste adesso.
No, ch’io non piango il figlio (il cor non mente):
piangendo il figlio mio, piango me stesso;
piango il destin, che mi die’ vita e agli anni
mi consegnò, per tollerar gli affanni.

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5
     Oh te felice, a cui l’amica sorte,
sorda ai miei voti, pria di dar la vita,
meno ingiusta di me, diede la morte!
Se mai di nuovo il tuo destin t’invita
nell’oceano del tempo, arresta il piede:
chi dal porto solcò piú non vi riede.
6
     In sen d’eternitá, senza speranza
di riveder piú le negate sponde,
10preme la volubile incostanza
degli anni, che s’alternano con l’onde,
e sugli anni ammucchiati disdegnoso
il tempo chiede invan tregua o riposo.
7
     Pieno il mar della vita è di tempeste,
d’aride sirti a insidiar frequenti,
che ascose sono sotto l'onde infeste
e scherno è ognor d’impetuosi venti;
t’ingoia un flutto, e le notanti spoglie
un oceano piú vasto allora accoglie.
8
     Entro il carcer del caos, ove confusa
sta degli enti la massa creatrice,
ove muto il destin di udir ricusa
le ragioni di un essere infelice,
tu non vedi, non senti e invano io tento
far noto a chi non m’ode il mio tormento.
9
     Se tu non puoi, deh! tu mi ascolta almeno,
d’una sposa fedele anima bella,
a cui figlio crudel svelto dal seno
recò la morte ai voti miei rubella.
Presto verrá quel fortunato giorno,
che fra le braccia tue farò ritorno.

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10
     Curva l’eternitá sugl’indecisi
secoli, al nostro amor non può far danno;
non soggetti a temer, sposi indivisi,
tessere le sapremo eterno inganno;
tu sul mio seno, io fra gli amplessi tuoi...
Ma il figlio?... Ah, il figlio non sará con noi!