Piccole storie e grandi ragioni della nostra guerra/VII

... e come non andò

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VI VIII
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VII.

.... E COME NON ANDÒ


Sapete meglio di me chi sia il vicino prepotente e chi sia il contadino.

Austriaci o Germanici sono tutti prepotenti a un modo: hanno voluto la guerra per comandare in [p. 22 modifica]casa degli altri, e senza scrupoli, mancando ai patti firmati, infrangendo le leggi dell’umanità e della civiltà, hanno incominciato le stragi dalle donne e dai fanciulli; hanno incominciato le stragi dalle nazioni più deboli, della Serbia e del Belgio.

Vi ricordate il terremoto che devastò la nostra bella Sicilia, la nostra bella Calabria, distruggendo Messina e Reggio?

Tutto il mondo si commosse per la sventura che colpiva l’Italia.

Mentre i nostri soldati erano intenti all’opera pietosa di salvataggio, disseppellendo le vittime di sotto alle macerie e costruendo baracche per i superstiti, il generale austriaco Conrad disse al suo imperatore: — Questo, questo è il momento di dare addosso all’Italia e di annientarla!

Il generale Conrad è lo stesso che comanda oggi l’esercito austriaco contro di noi; ma allora l’Austria era nostra amica, nostra alleata. Ci eravamo alleati con gli antichi nostri avversari per mantenere la pace d’Europa; e per mantenere la pace sopportavamo umiliazioni e sacrifizii.

Intanto, gli ufficiali austriaci solevano parlare di ritoglierci Venezia e la Lombardia; solevano dire che con una semplice passeggiata dall’Isonzo sarebbero venuti a prendere il caffè in Piazza San Marco.

Noi mangiavamo catene; dovevamo domandare scusa col cappello in mano sol che l’imperatore d’Austria aggrottasse le ciglia per qualche fatto accaduto in casa nostra; non eravamo padroni’ di passare in rivista le nostre navi in un mare più tosto che in un altro, nè di fare le nostre manovre in una più tosto che nell’altra provincia, e l’Austria in tanto costruiva, senza farne mistero, strade militari e fortezze, non per difendere il proprio confine, ma per prepararsi una solida base, dalla [p. 23 modifica]quale muovere alla invasione del nostro territorio. Eravamo amici, eravamo alleati, e intanto l’Austria distribuiva ai suoi soldati il manuale, dov’erano insegnate le parole italiane di cui essi avrebbero bisogno il giorno della immancabile invasione del Lombardo-Veneto!

E questa gente pretendeva che ci fidassimo, che credessimo sul serio all’offerta d’un pezzetto del nostro Trentino (e anche quello per dopo la guerra, bene inteso!) e che intanto stessimo quieti, per avere poi agio di voltarsi dalla nostra parte, e, quando ci avessero trovati soli e spossati dalla lunga neutralità, prendersi non il Trentino, ma Venezia, ma Milano, ma Roma!....