Pensieri e giudizi/II/XVI

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XVI.


Gloria ad Enrico Ibsen, che, genialmente interpretando e rappresentando i problemi più ardui della scienza e della vita moderna, ha dischiuso all’arte vie nuove, ha gittato un ponte d’oro fra la realtà e il sogno, nella cui penombra fantastica, quasi in un crepuscolo interplanetare, tu vedi passarti innanzi i quadri dissolventi della vita e della morte, le tragiche parvenze di una razza incalzata dal destino, straziata dalla febbre dell’Ignoto, assottigliata da investigazioni superiori alle proprie forze, evaporantesi in aspirazioni infinite. Onde viene? ove corre? L’ignora; ma una forza arcana le susurra misteriose parole, e l’anima sua, cresciuta a dismisura, e già già prorompente dalle membra gracili e trepidanti, lingueggia come fiamma verso un polo ignoto, presènte una razza superiore che sorgerà dalle sue rovine, una razza divina che incarni su la terra o in un altro pianeta, quanto ora sorride appena alla mente dei filosofi, alla fantasia dei poeti, alla fede degli apostoli dell’Ideale.