Pensieri e discorsi/L'Avvento/I

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L'Avvento - Introduzione L'Avvento - II
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I.


Oh! credeteci! crediamoci! È l’avvento! Quel regno è cominciato. Era cominciato da prima, ma si è affermato da allora. Da quando? Da quando prima un piccol numero di reietti, poi molti, poi tutti, felici e infelici, civili e barbari (ma quale felicità era la loro, qual civiltà!), si fissarono su quel fatto incredibile dell’Uomo-Dio che nasce in una stalla, che vive non si vede di che, di pesci e di pani che sono troppo pochi alla fame di tutti, di spighe sgranate nei campi, di agnello avuto per carità; e muore su un patibolo, schiaffeggiato, bestemmiato, rinnegato, flagellato, coronato di spine e inchiodato a un legno. Che cosa sono le massime dei Vangeli, per quanto soavi o grandi, pur non sempre chiare, che cosa è la buona novella del Cristo, che cosa sono le predicazioni degli Apostoli e le epistole di Paolo, che cosa sono le dichiarazioni dei Padri e le argomentazioni dei Dottori, rispetto a quell’oggetto continuo di meditazione, che è tale semplice e orribile storia, d’un bambino [p. 224 modifica]così privo di tutto, d’un uomo così povero, d’un condannato così innocente e così straziato? e che è Dio? quel Dio da tanto tempo aspettato e annunziato? che pareva dovesse apparire con tanta potenza e gloria, e mostrare tanti miracoli di felicità? Da duemila anni il genere umano fa la sua meditazione su quello strame e su quella croce. E insensibilmente, per così dire, un sentimento nuovo è entrato nei nostri cuori selvaggi. Insensibilmente, ripeto: e lentissimamente, ahimè! Perchè, quando il Cristianesimo trionfò, fu cominciato a eliminare dai supplizi quello della Croce?1 Fu religioso rispetto al grande simbolo, o non fu piuttosto inconsapevole vergogna, di dare ad un uomo, anche reo, il martòro per cui si versavano tante lagrime nelle chiese, dove pure il crocifisso splendeva di gloria, di immortalità e divinità? Fu vergogna! vergogna! E gli uomini erano ancora tanto ciechi e bestiali da non comprendere che la forca era una croce con un braccio solo, e che la ruota era una croce posta in piano, e che il rogo che distruggeva e disperdeva il corpo dopo atroci torture, era peggio di quella croce, da cui fu deposto il corpo di Gesù, perchè sua madre l’abbracciasse. Lentissimamente, al nostro parere e credere, il Sole, con tutto il suo corteo di pianeti, tra cui la trista Terra insanguinata, cammina cammina verso una nuova plaga dei cieli; lentissimamente il genere degli uomini procede verso l’umanità. Intanto dopo le forche e le ruote e i roghi dell’Evo medio, dopo [p. 225 modifica]l’enorme abuso, o uso che è lo stesso, di morte per guerre e supplizi, che fu fatto anche dopo, anche in quella rivoluzione che proclamò i diritti dell’uomo, anche e specialmente (o antica stolidezza bestiale!) in essa, anche e specialmente dopo, anche ai nostri giorni, e per opera del popolo che si diceva sino a due o tre anni fa il più civile dei popoli; ebbene dopo tutto quello strazio di vite d’uomini, noi riconosciamo che in tanto il genere degli uomini si è spostato di qualche grado verso la sua integrazione. L’ultima forma della croce, la forca, va scomparendo: in Italia (o eterni bestemmiatori dell’umile Italia, ricordatelo!) non c’è più: altrove s’appiatta. E a me giova insistere su questo punto, a preferenza d’altri che pur mostrano il progresso dell’umanità: perchè l’umanità più difficilmente crede doversi affermare in faccia a quella che è bestialità, ossia il delitto! Perchè, dobbiamo noi, si dice, rispettare le bestie feroci? Quel tale, che ha appena qualche segno d’uomo e ne ha tanti di fiera, lo sguardo, il pelame, gli zigomi, la fronte, il cranio, o che so io, è fuori dell’umanità. Ebbene se noi troviamo che l’umanità s’esercita anche verso codesti, noi dobbiamo credere, o sperare, che sia già ben grande, e che abbracci tutti gli uomini, se già s’estende anche alle bestie.

E questo è certissimo. Lasciamo da parte le legislazioni le quali sono pure il prodotto e l’indice delle singole civiltà, e consultiamo la nostra coscienza. Chi di noi non ha sentito un morso di vergogna nel leggere il supplizio dell’assassino del Presidente Mac Kinley? Chi non si è detto: O che Volta ha inventata la pila per sostituire la corda e la mannaia? L’elettricità che deve essere l’anima del lavoro umano, [p. 226 modifica]che illumina già le nostre notti e che spinge a corsa i nostri veicoli, e che ci farà volare, voi l’avete stipendiata per vostro boia? La scienza l’ha già applicata per la salute e la vita, e voi ne fate uno strumento di martirio e di morte? Oh! belle descrizioni! Il corpo si tese tutto, scricchiolò, poi si sentì odore di bruciaticcio... Chi avrebbe creduto che gli uomini, avendo potuto strappare dalla grande mano invisibile del Tonante lo strale con cui egli minaccia, l’usassero, essi, in modo più fine e feroce, contro i loro simili? Noi c’indignamo, e pensiamo, a proposito sì di questo sì di altri e di tutti i supplizi così: il peggior delinquente del mondo, che uccida lentamente e non di un subito; che si diletti degli spasimi e dei terrori della vittima; che premediti la strage a lungo, e ne dia misteriosi indizi al destinato, sì che egli muoia di cento morti; che lo faccia saper prima alla madre e al babbo, che il loro figlio sarà straziato e finito; che avvisi i fratelli perchè assistano al boccheggiare del fratello; oh! non si trova nel mondo un delinquente, traditore e squartatore, così feroce come codesta legge che con tanta freddezza, con tanta serenità, con tanta arte eseguisce le sue giustizie esemplari! Bell’esempio! Noi, profondando nella nostra coscienza, giudichiamo a nostra volta, che non c’è delinquente pessimo degno di morte, il quale non patisca peggio di quello che ha fatto! E così i popoli veramente civili hanno abolito questo delitto esemplare che mortifica la coscienza degli onesti, i quali non volevano essere protetti a tal patto; e ancora aleggiava la coscienza dei delinquenti, i quali sentivano di poter pagare il debito che facevano, con usura tale, da acchetare ognuno e da indurre più d’uno a dire al fine: Poveretto!...

[p. 227 modifica] C’è di più. Alcuni chiamano morboso e immorale questo fatto che si rimprovera particolarmente, credo, a voi siciliani e calabresi, e che è di tutti o almeno di molti. Ecco il fatto. L’autore d’un delitto è subito esacrato: la folla, potendo, ne farebbe giustizia sommaria. Di lì a qualche mese il delinquente aborrito entra incatenato in una gabbia di ferro. Gli si fa il processo. Noi ascoltiamo o leggiamo. Che cosa succede? Penetriamo nella nostra coscienza, e non fermiamoci alla superficie, dove galleggiano le parole che si dicono, ma arriviamo al fondo, dove posano i pensieri che non si dicono: che troviamo? Il nostro odio è sbollito, il nostro orrore è diminuito, quasi quasi sentiamo di tenerla più per la difesa che per la parte civile, quasi quasi facciamo voti per il colpevole che avremmo voluto linciare... Che è? siamo malfattori anche noi? Oh! no: noi non vorremmo vedere quelle catene, quella gabbia, quelle armi nude intorno a quell’uomo; vorremmo non sapere ch’egli sarà chiuso, vivo, per anni e anni e anni, per sempre, in un sepolcro; vorremmo non pensare ch’egli non abbraccerà più la donna che fu sua, ch’egli non vedrà più, se non reso irriconoscibile e ignominioso dall’orrida acconciatura dell’ergastolo, i figli suoi...

Ma egli ha ucciso, ha fatto degli orfani, che non vedranno più affatto il loro padre, mai, mai, mai! È vero: punitelo! è giusto!... Ma non si potrebbe trovare il modo di punirlo con qualcosa di diverso da ciò ch’egli commise?... Così esso assomiglia troppo alle sue vittime! Così andranno sopra lui alcune delle lagrime che spettano alle sue vittime! Le sue vittime vogliono tutta per loro la pietà che in parte s’è disviata in pro’ di lui!

[p. 228 modifica] E noi allora sognamo il grande sogno novissimo.

C’è qualcuno che fece il male? Oh! infelice! oh! supremamente infelice! Chi reggerà più alla sua vista? chi oserà più rivolgergli la parola? Egli passa, i bambini fuggono, le madri si stringono al seno l’infante, gli uomini gravi abbassano gli occhi. Egli passa tra il silenzio anelante. Ode appena, quando è passato, un bisbiglio sommesso: “È quell’infelice che ha ucciso! È un povero Caino che non dormirà più! Egli va, cammina e cammina, chi sa? per trovare il farmaco che resuscita i morti, e non si trova in nessun luogo!„.

Note

  1. Vedi, per es. Aur. Aug. in Ioh. Ev. 8: Denique modo in poenis reorum non est apud Romanos: ubi enim domini crux honorata est, putatum est quod et reus honoraretur, si crucifigeretur.