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[p. 199 modifica] piú grave assai della noia, di cui forse anche in quel punto non ci accorgiamo e non abbiamo nessun pensiero, pur troviamo un certo piacere in quella scossa, in quell’agitazione, che ci produce la vista fuggitiva di esso oggetto. La quale spiegazione si ravvicina a quella della Staël, giacché la noia non è altro che il vuoto dell’anima, ch’è riempito, come ella dice, da quel pensiero, e occupato intieramente [p. 200 modifica]per quel punto. E in fine può anche derivare, e penso che almeno in parte derivi, dallo stesso timore che abbiamo di quel pensiero, per la ragione che in tutte le cose fisiche e morali il voler troppo intensamente e il timore di non conseguire distorna le nostre azioni dal loro fine, e il mettersi ad un’operazione di mano, per esempio, chirurgica, con troppa intenzion d’animo e timore di non riuscire, la manda a male, e nelle lettere o belle arti il cercar la semplicità con troppa cura e paura di non trovarla la fa perdere ec.


*   L’orrore e il timore della fatalità e del destino si prova piú, anche oggidí che la superstizione è quasi bandita dal mondo, nelle anime forti e grandi che nelle mediocri, per cagione che i desideri e i fini di quelle sono fissi, e ch’elle li seguono con ardore, con costanza e risoluzione invariabile. Cosí era piú ordinariamente presso gli antichi, appo i quali la fermezza e la costanza e la forza e la magnanimità erano virtú molto piú ordinarie che fra i moderni. E vedendo essi che spesse volte, anzi frequentissimamente, i casi della vita si oppongono ai desideri dell’uomo, erano compresi da terrore per la ragione della loro immobilità nel desiderare o nel dirigere le loro azioni a quel tale scopo che forse e probabilmente non avrebbero