Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/3921

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*   Dico altrove in piú luoghi che gli uomini e i viventi piú forti o per età o per complessione o per clima o per qualunque causa, abitualmente o attualmente o comunque, avendo piú vita ec. hanno anche piú amor proprio ec. e quindi sono piú infelici. Ciò è vero per una parte. Ma essi sono anche tanto piú capaci e di azion viva ed esterna e di piaceri forti e [p. 296 modifica]vivi. Quindi tanto piú capaci di viva distrazione ed occupazione, e di poter fortemente divertire l’operazione interna dell’amor proprio e del desiderio di felicità sopra loro stessi e sul loro animo. La qual potenza ridotta in atto è uno de’ principalissimi mezzi, anzi forse il principal mezzo di felicità, o di minore infelicità conceduto ai viventi (io considero quelli che si chiamano piaceri come utili e conducenti alla felicità, solo in quanto distrazioni forti e vivi divertimenti dell’amor proprio (ché infatti essi non sono utili in altro modo) e tanto piú forti distrazioni, quanto piú vivi e forti sono essi piaceri, cosí chiamati, e maggiore il loro essere di piacere e la sensazion loro piú viva. I deboli sono incapaci di piaceri forti, o solo di rado e poco frequenti, e men forti sempre che non ne provano i vigorosi, perché la lor natura non ha la facoltà o di sentire piú che tanto vivamente, o di sentire piacevolmente quando le sensazioni sieno piú che tanto vive). Se l’uomo forte in qualunque modo è privo, per qualunque cagione, di piaceri, o di piaceri abbastanza forti, e di sensazioni vive, e di poter mettere in opera la sua facoltà di azione, o di metterla in opera piú che il debole, egli è veramente piú infelice che il debole, e soffre