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[p. 113 modifica] sia chiaro tuttavia a prima vista produca ne’ lettori un’altra idea, il che, quando massime quest’idea non sia conveniente bisogna schivarlo, massime in poesia dove il lettore è piú sull’immaginare e piú facile a [p. 114 modifica]creder di vedere e che il poeta voglia fargli vedere quello ancora che il poeta non pensa o anche non vorrebbe. Ecco un esempio: Chiabrera, canz. lugubre 15. In morte di Orazio Zanchini che comincia Benché di Dirce al fonte, strofe 3. verso della Canz. 37. della strofa duodecimo e penultimo: Ora il bel crin si frange, E sul tuo sasso piange. Si frange qui vuol dire si percuote, e intende il poeta, colle mani ec. Il senso è chiaro, e quel si frange non ha che far niente con sul tuo sasso, e n’è distinto quanto meglio si può dire. Ma la collocazione casuale delle parole è tale, ch’io metto pegno che quanti leggono la canzone del Chiabrera colla mente cosí sull’aspettare immagini, a prima giunta si figurano Firenze personificata (che di Firenze personificata parla il Chiabrera) che percuota la testa e si franga il crine sul sasso del Zanchini, quantunque immediatamente poi venga a ravvedersi e a comprendere senza fatica l’intenzione del poeta ch’è manifesta. Ora, lasciando se l’immagine ch’io dico sia conveniente o no, certo è che non è voluta dal poeta, e ch’egli perciò deve schivare questa illusione quantunque momentanea (bastando che queste parole del Chiabrera servano d’esempio senza bisogno che l’immagine sia sconveniente) eccetto s’ella non gli piacesse come forse si potrebbe dare il caso, ma questo non dev’essere se non quando l’immagine illusoria non nocia alla vera e non ci sia bisogno di ravvedimento per veder questa seconda, giacché due immagini in una volta non si possono vedere, ma bensí una dopo l’altra il che quando fosse, potrebbe anche il poeta lasciare e anche procurare questa illusione, dove pure non noccia al restante del contesto, perch’ella non fa danno, e d’altra parte è bene che il lettore stia sempre tra le immagini. Quello che dico del poeta s’intenda proporzionatamente anche degli altri scrittori. Anzi questa sarebbe la sorgente di una grand’arte e di un grandissimo effetto, procurando quel [p. 115 modifica]vago e quell’incerto ch’è tanto propriamente e sommamente poetico, e destando immagini delle quali non sia evidente la ragione ma quasi nascosta, e tale ch’elle paiano accidentali e non procurate dal poeta in nessun modo, ma quasi ispirate da cosa invisibile e incomprensibile e da quell’ineffabile ondeggiamento del poeta, che, quando è veramente inspirato dalla natura dalla campagna e da checchessia, non sa veramente com’esprimere quello che sente, se non in modo vago e incerto, ed è perciò naturalissimo che le immagini che destano le sue parole appariscano accidentali.


*   Le piú belle canzoni del Chiabrera non sono per la maggior parte altro che bellissimi abbozzi.


*   Che il Filicaja seguisse lo stile profetico (cosí appunto dicevano quei due che ora citerò) lo scrive anche il Redi nelle sue lettere, e similmente del Guidi dice il Crescimbeni nella sua vita che, quantunque paia come il Chiabrera, aver bevuto ai fonti greci, nondimeno molto sembra aver preso dall’ebraico; talché la sua apparenza ha assai piú del profetico che del pindarico,