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[p. 248 modifica] gli è impossibile. Ma il gesto essendo naturale, lo vedrete facilmente dar segno di quello che prova con gesti e moti spesso vivissimi, o con grida inarticolate, fremiti, muggiti ec. che non hanno che fare colla parola e si possono considerare come gesti. Eccetto se quella passione non produrrà in lui l’immobilità che suol essere effetto delle grandi passioni ne’ primi momenti in cui egli non è buono a nessun’azione. Nei momenti successivi, non essendo buono all’uso della parola, cioè dell’arte, pur è capace degli atti e del movimento. Del resto lo vedrete sempre in silenzio. Il silenzio è il linguaggio di tutte le forti passioni, dell’amore (anche nei momenti dolci), dell’ira, della maraviglia, del timore ec. (27 giugno 1820). Vedi al fine della pagina.


*   Nei trasporti d’amore, nella conversazione coll’amata, nei favori che ne ricevi, anche negli ultimi, tu vai piuttosto in cerca della felicità di quello che provarla; il tuo cuore agitato sente sempre una gran mancanza, un non so che di meno di quello che sperava, un desiderio di qualche cosa, anzi di molto di piú. I migliori momenti dell’amore sono quelli di una quieta e dolce malinconia, dove tu piangi e non sai di che, e quasi ti rassegni riposatamente a una sventura e non sai quale. In quel riposo la tua anima meno agitata è quasi piena, e quasi gusta la felicità (Vedi Montesquieu, Temple de Guide, canto 5, dopo il mezzo, [p. 249 modifica]p. 342). Cosí anche nell’amore, ch’è lo stato dell’anima il piú ricco di piaceri e d’illusioni, la miglior parte, la piú dritta strada al piacere, e a un’ombra di felicità, è il dolore (27 giugno 1820).


*   Curae leves loquuntur, ingentes stupent, sta per epigrafe del n° 95 dello Spectator inglese, senza nome d’autore.