Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/516


zola

baciò sulle gote gelide, non piansero nemmeno allora. Dionisia si sentiva soffocare dalle lacrime.

Quella sera, per l’appunto, il Mouret la chiamò per discorrere con lei d’un vestitino da bambino che voleva mettere in moda, un misto di scozzese e di zuavo. E lei, fremente di compassione, sconvolta da tanti dolori, non seppe trattenersi; e cominciò a dire del Bourras, di quel povero disgraziato che volevano a ogni costo ammazzare.

Ma non appena sentí il nome dell’ombrellaio, il Mouret uscí dai gangheri. Quel vecchio pazzo, come lo chiamava lui, era la sua disperazione, gli guastava il trionfo, con la stupida ostinazione di non cedere la casa, una schifosa stamberga che sporcava il Paradiso, il solo cantuccio dell’intero isolato che fosse sfuggito alla sua conquista. Era un incubo: chiunque altro gli avesse parlato per il Bourras, avrebbe corso il rischio d’esser messo fuori, tanto il Mouret era tormentato dal bisogno di buttar giú a calci quella casaccia. Ma che cosa volevano che facesse lui? poteva lasciare un tal mucchio di rovine accanto al Paradiso? Bisognava che fosse spazzato via; il magazzino doveva passare oltre. Peggio per quel pazzo! E si metteva a rammentare tutte le offerte che gli aveva fatte; perfino centomila franchi. Chi aveva ragione? Non stava a tirare, dava il danaro che gli chiedevano; ma almeno voleva che non fossero cosí bestie da intralciare il suo lavoro. Chi era che si provava a fermare i treni sulle strade ferrate?

Dionisia l’ascoltava, con gli occhi bassi, non riuscendo a trovare se non ragioni di sentimento. Era tanto vecchio quel pover’uomo! che male c’era ad aspettarne la morte? un fallimento


514