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il paradiso delle signore


Il Baudu, ritto innanzi al letto, cascò dalle nuvole:

— Ma perché?... Se si sente male, lo dovrebbe dire. Bisognerà far venire il medico, domani.

La moglie, sempre immobile, stette un po’ zitta, poi disse, quasi ci riflettesse:

— Questo benedetto matrimonio col Colomban... sarebbe meglio uscirne.

La guardò, e poi ricominciò a passeggiare.

Gli tornavano in mente certi fatti. Com’era possibile che la figliuola si ammalasse per via del commesso? gli voleva dunque tanto bene da non poter nemmeno aspettare? Un’altra disgrazia; e a questa poi non ci aveva pensato. Tanto piú gli dava noia la cosa, in quanto già aveva preso il suo partito: quel matrimonio non si poteva fare finché durava in tale stato il negozio. Ma il timore lo commoveva, e disse:

— Sta bene; ne parlerò io al Colomban.

E continuò a passeggiare, senza aggiungere altro. Gli occhi della signora si chiusero: dormiva, pallida come una morta. Lui seguitava ad andare su e giú. Prima d’entrare a letto, aprí le tende e diede un’occhiata; dall’altra parte della strada le finestre spalancate del vecchio palazzo Duvillard facevano intravedere i lavori con gli operai che si movevano nel chiarore della luce elettrica.

La mattina dopo, il Baudu si tirò dietro il Colomban nella stanzuccia del mezzanino. Aveva già pensato ciò che gli doveva dire:

— Come tu sai, figliuolo mio, ho venduto il possesso di Rambouillet. È un bel rincalzo... Ma prima di tutto vorrei un po’ far due chiacchiere con te.

Il giovanotto, che pareva avesse paura di quel


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