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zola


— Giuraddio! — le gridò il Bourras quando la vide. — Il colpo è fatto!... Quella canaglia del Mouret ha comprata la casa!

Era fuor di sé, in mezzo alla bottega, dandosi dei gran pugni, con gesti tanto convulsi che pareva volesse sfondare le vetrine.

— L’infame!... Me l’ha scritto il fruttaiuolo. E sapete quanto gli hanno dato a lui? centocinquantamila franchi! quattro volte tanto quel che vale. Bel ladro anche lui!... Figuratevi che nel conto ci ha messo perfino gli abbellimenti pagati da me! Già, ha fatto valere che la casa è stata rimessa a nuovo... Non finiranno mai di canzonarmi cosí?

Il pensiero che il suo danaro, speso a rabberciare e ritingere, avesse potuto giovare al fruttaiuolo, gli faceva perdere la testa. E ora il Mouret era padrone lui! a lui dovrebbe d’ora in poi pagare il fitto; era in casa sua, in casa di quell’odiato rivale! Si sentiva rodere dalla rabbia.

— Li sentivo, io, che bucavano il muro... Eccoli qui; mi par di mangiare nel piatto loro!

E picchiando col pugno sul banco, scoteva tutta la bottega, facendo tremare ombrelli e ombrellini.

Dionisia, sbalordita, non aveva ancora potuto dir nulla. Non si moveva e aspettava che la furia scemasse: Beppino, stanchissimo, si addormentò su una seggiola. Finalmente, quando il Bourras si fu calmato un poco, lei poté arrischiarsi a fargli l’ambasciata del Mouret: il vecchio era senza alcun dubbio arrabbiato, ma lo stesso eccesso della sua collera, l’imbroglio in cui si trovava, potevano farlo accettare lí per lí.

— A proposito: ho incontrato, — cominciò lei — ho incontrato un tale del Paradiso,


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