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il paradiso delle signore

d’essere in casa sua tra quelle tinte chiare e quell’oro, con la sua aria spaventata, la barbona, i capelli lunghi. Dal marciapiede di faccia si fermava la gente a vederlo muovere le braccia e scolpire i suoi manichi. Preso da una strana febbre, s’ingolfava sempre piú in quel commercio di lusso dove non ci capiva nulla.

Come il Robineau, cosí il Bourras moveva guerra al Paradiso: e, argomento di vittoria, aveva esposto il suo nuovo ombrello, che doveva poi diventare di moda. Del resto, il Paradiso perfezionò subito l’invenzione, e la battaglia si fece viva sui prezzi. Il Bourras mise in vendita certi ombrelli montati in acciaio, «impossibili a rompere» dicevano i cartelli, per un franco e novantacinque. Ma volle principalmente sconfiggere il nemico coi suoi manichi di bambú, di olivo, di mirto, di corniolo, di palma, ogni sorta di manico possibile e immaginabile. Il Paradiso, piú commerciante e meno artista, guardava alla qualità della stoffa e vantava i suoi alpagà, le sue sete, i suoi taffetà. Finí col vincere, e il Bourras disperato andava ripetendo che l’arte era bell’e fritta, e che lui doveva intagliare i suoi manichi per divertirsi, senza speranza di venderli.

— La colpa è mia! diceva a Dionisia. — Come si fa a tenere quelle porcherie da un franco e novantacinque?... Dove vi posson trascinare le idee nuove! Ho voluto seguire l’esempio di quegli assassini; e peggio per me se ci crepo!

Il luglio fu caldissimo. Dionisia nella sua stanzetta a tetto soffocava: perciò, subito che usciva dal negozio, pigliava Beppino dal Bourras, e, invece di salire in camera sua, andava a prendere una boccata d’aria nel giardino delle


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