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il paradiso delle signore

dove veniva? dal laboratorio, no, di certo! La ragazza chinava il capo, e pensava a quell’accanimento della sfortuna contro di lei. Se il Robineau non tornava, era finita. Ma bisognava cercare di scender giú un’altra volta.

Il ritorno del Robineau aveva nella sezione delle sete scatenata una rivoluzione. Tutti speravano che, per le tante noie che gli davano continuamente, non ritornasse; e c’era stato davvero un momento in cui, sempre stimolato dal Vinçard che gli voleva affibbiare il suo negozio, era stato quasi per pigliarlo. La mina a poco a poco scavatagli dall’Hutin sotto i piedi, stava finalmente per scoppiare.

Costui, durante il permesso del Robineau, aveva fatto di tutto, trovandosi nel suo posto come supplente, per nuocergli nell’animo dei capi e rubargli il posto con eccessi di zelo: aveva segnalato piccole irregolarità, proposto miglioramenti e nuovi disegni. Dal principiante entrato «alla pari» fino al direttore che voleva divenire un po’ padrone anche lui, non avevan tutti che un pensiero fisso: mandar via il compagno che stava sopra, per pigliargli il posto; e questo cozzo di desideri, questo cercare di passarsi innanzi, era una parte necessaria della gran macchina, perché faceva piú svelta la vendita e quadruplicava la buona fortuna del magazzino. Dietro l’Hutin c’era il Favier, dietro il Favier gli altri in fila. Si sentiva quasi un rumore di mascelle: il Robineau era bell’e condannato, e ciascuno se ne portava via di già un pezzo d’osso. Per questo, quando invece tornò, fu un brontolio generale. Bisognava farla finita; i commessi erano minacciosi, tanto che il capo, per dare alla direzio-


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