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zola


— Rieccola la disossata! — sussurrò l’Hutin.

— Cerca il Robineau, — rispose il Favier. — Chi sa quel che impasticciano insieme. Niente di male, sicuro, perché il Robineau è troppo stupido in queste cose... Dicono che le abbia procurato un lavoruccio, delle cravattine. Eh! un affarone!

L’Hutin pensò una delle sue solite cattiverie. Quando Dionisia gli passò dinanzi, la fermò col dirle:

— Cercate me?

Ella si fece rossa rossa. Da quella sera di Joinville non osava piú leggere nel cuor suo, dove cozzavano sentimenti confusi. Lo aveva sempre davanti agli occhi con quella ragazza coi capelli rossi, e, se tremava ancora nel trovarsi faccia a faccia con lui, forse era per ripugnanza. Gli aveva voluto bene? glielo voleva sempre? non ci voleva pensare, ché il pensarci le faceva male.

— No, — rispose un tantino impacciata.

— Se lo volete, vi si dà subito... Favier, dalle un po’ di Robineau alla signorina.

Lei lo guardò fissa, con lo sguardo triste e calmo col quale accoglieva le allusioni e le ingiurie delle compagne. Ah! dunque era cattivo? anche lui le dava noia come gli altri: e sentí nell’animo un supremo strappo, l’ultimo legame che si rompeva. Le si dipinse sul viso tale uno spasimo, che il Favier, per quanto fosse poco tenero di natura, le venne in soccorso:

— Il Robineau ora non c’è, ma tornerà di sicuro per la colazione... Oggi, se gli volete parlare, lo troverete.

Dionisia ringraziò e tornò alla sua sezione, dove la signora Aurelia l’aspettava, freddamente rabbiosa. Come! mezz’ora ci aveva messo? e di


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