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il paradiso delle signore

trattenuto che dalla paura di compromettersi. Fin dalla serata di Joinville, aveva per lei un amore devoto, un’amicizia quasi religiosa, ch’egli attestava con occhiate da cagnolino fedele. Nessuno doveva sospettare la loro affezione perché Dio sa come n’avrebbero riso; ma ciò non gl’impediva di fantasticare improvvise violenze, gran pugni vendicatori, se mai avessero osato sparlarne in presenza sua.

Dionisia dové smettere di rispondere. Ci soffriva troppo, e le pareva che nessuna a quelle infamie ci potesse credere. Quando una compagna gettava una nuova allusione, si contentava di guardarla fissa con un’aria triste e calma. E poi aveva altri pensieri; il bisogno del denaro, che le dava anche piú noia. Gianni non era mai contento, e ne faceva sempre delle sue. Non passavano due o tre settimane senza ch’ella ricevesse da lui un intero romanzetto di quattro pagine; e allorché il postino del negozio le consegnava quelle lettere d’una grossa calligrafia, da cui traspariva la passione, si affrettava a nascondersele in tasca, perché le ragazze ridevano sforzatamente, canticchiando parole insolenti.

Poi, quando con un pretesto era andata in fondo al magazzino per aprire la lettera, un terrore la coglieva: quello sciagurato di Gianni le pareva bell’e perduto. Ogni bugia era valida per lei, ogni storia d’amore piú inverosimile nella sua ignoranza di tali faccende le presentava anche maggiori i pericoli. Ora si trattava di due franchi, per sfuggire alla gelosia d’una donna; ora di cinque o sei, per salvare l’onore d’una povera ragazza che il babbo, se no, voleva ammazzare. Non bastandole lo stipendio e il tanto per cento, aveva avuta l’idea di cercarsi un po’


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