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il paradiso delle signore


— Sia quel che si vuole, disse Paolina un po’ agrodolce — è bruttina davvero con quei capelli color carota... Dove l’Hutin le vada a pescare, Dio lo sa: son tutte piú schifose una dell’altra.

Dionisia s’era fatta pallida. Si sentiva addosso un gelo, come se a goccia a goccia il sangue se ne fosse andato dal cuore. Di già, sulla riva, dinanzi alla lancia che passava, aveva rabbrividito; e ora non ne poteva dubitare, quella ragazza era l’amante dell’Hutin. Ma dunque ella amava quel giovinotto, se soffriva cosí? Nel turbamento doloroso delle sensazioni, ella non si rispondeva nemmeno: con la gola serrata, le mani tremanti, non mangiava piú.

— Ma che hai? — le domandò l’amica.

— Nulla... balbettò lei — mi fa male il caldo.

La tavola dell’Hutin era vicina, e non appena questi ebbe veduto il Baugé, che conosceva da un pezzo, cominciò a discorrergli ad alta voce per seguitare a tirarsi addosso l’attenzione della gente.

— Dite un po’, — gli gridò — al Buon Mercato, fate sempre i virtuosi?

— Non tanto! — rispose l’altro, rosso come il fuoco.

— Via, via, si sa, non si accettano che vergini, e c’è un confessionale sempre pronto perché i commessi, dopo averle guardate, si vadano a confessare... Un negozio dove si conchiudono dei matrimoni! tante grazie!

Scoppiaron risate. Il Liénard, ch’era anche lui della comitiva, aggiunse:

Al Louvre poi... C’è una levatrice addetta


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