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il paradiso delle signore

le donne che, un po’ per volta, salivano alla biancheria e al vestiario: mentre, dietro alle spalle, nella sezione delle trine e degli scialli, sentiva volare, dalle labbra degli addetti, grosse cifre.

Ma la vista della galleria a pianterreno lo rassicurava anche piú. Davanti alle mercerie, perfino alle lane, c’era una ressa da non potersi dire, una vera invasione: le compratrici, quasi tutte in cappello, ora arrivavano in lunghe file; qua e là alcune buone massaie in ritardo. Nella sala delle sete, sotto la luce bionda che scendeva dall’alto, delle signore si erano levate i guanti per palpare dolcemente le pezze della «Parigi-Paradiso», e discorrevano sommessamente come in un salotto. Né s’ingannava piú; il rumore che veniva di fuori era rumore di carrozze, di telli sbattuti; il frastuono d’una calca sempre crescente.

sporSentiva che la macchina stava per muoversi, riscaldarsi, rivivere; dalle casse dove il danaro tintinnava, dalle tavole dove i garzoni si affrettavano a legare negl’involti le merci, fino alle profondità del sotterraneo, al servizio di spedizione, che era già pieno d’involti e che col suo mormorio di sotterra pareva facesse vibrare la casa. In mezzo alla moltitudine, l’ispettore Jouve passeggiava gravemente, tutt’attento se mai qualcuna delle solite ladre s’intascasse roba senza pagarla.

— To’! — disse il Mouret a un tratto, riconoscendo Paolo De Vallagnosc cui un garzone faceva da guida. — No! no! non mi dài nóia e non hai che da tenermi dietro, se vuoi vedere ogni cosa, perché oggi sto tutto il santo giorno sulla breccia.


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