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(2163-2164-2165) pensieri 85

d’ogni altra facoltà mediante l’assuefazione, ma dalle circostanze determinata a questa facoltà sola. Giacché che vuol dire che tutti coloro  (2164) che si esercitano da fanciulli e assiduamente in qualunque facoltà, nel mestiero del padre ec. vi riescono abilissimi e piú di qualunque altro, benché di gran talento, ed essi di pochissimo? Come si combinano sempre le facoltà pretese innate, con quelle professioni che il caso della nascita o della vita ci porta a coltivare decisamente e studiosamente? Come si combina che un uomo privo d’ogni altra facoltà innata (quali si suppongono quelli di poco talento) abbia sempre e porti seco nel nascere appunto quella facoltà o quella disposizione naturale e antecedente, che serve a quella professione che il mero caso e l’imprevedibile concorso delle circostanze gli destinano? (24 novembre 1821).


*    Non è dunque vero ciò che dicono coloro, i quali, riconoscendo la forza delle circostanze e delle assuefazioni sui talenti,  (2165) e acconsentendo a chiamar la natura piuttosto dispositrice, che conformatrice, spingono però all’eccesso quella sentenza, che l’individuo nasca con disposizioni particolarmente ed esclusivamente determinate a queste o quelle facoltà o abitudini ed all’acquisto delle medesime e a distinguersi in esse, e sovrastare agli altri individui, secondo loro, diversamente disposti per natura (24 novembre 1821).


*    Alla p. 988. Fino i titoli delle loro opere i latini gli scrivevano bene spesso, non solo con parole, ma con elementi greci ancora, come l’ἀποκολοκύτωσις di Seneca, parecchi libri logistici o satirici di Varrone (vedi Fabricius, Bibliotheca latina, t. I, p. 88 e 428, not. d), cioè nello stesso secolo aureo della latinità; lasciando i titoli interamente greci per origine, per terminazione ancora ec., come Metamorpho-