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(1177-1178-1179) pensieri 463

gli uomini insigni che hanno sofferto dal lato del loro fisico, non per altro che a cagione del loro troppo ingegno, e le morti immature che paiono essere inevitabili agli uomini di genio straordinariamente prematuro e prematuramente sviluppato e coltivato, non finirei mai. Vedi in proposito del Chatterton, famoso poeta morto di diciannove anni, lo Spettatore di Milano, quaderno 68, p. 276, Parte Straniera.

2°, Questi genii straordinari penetrano in certi  (1178) misteri, in certe parti della natura cosí riposte, scuoprono e vedono tante cose, che la stessa copia e profondità delle loro concezioni ne impedisce la chiarezza, tanto riguardo a essi stessi, quanto al comunicarle altrui; ne impedisce l’ordine, insomma vince le loro stesse facoltà e non è capace, a cagione dell’eccesso, di essere determinata, circoscritta e ridotta a frutto. La forza della loro mente soverchia la capacità della stessa mente, perché insomma la natura e la copia delle verità esistenti è molto maggiore della capacità e delle facoltà dell’uomo. E il troppo vedere, il troppo concepire, rende questi tali ingegni sterili e infruttuosi; e se scrivono, i loro scritti o sono di poco conto ed anche aridi espressamente e poveri (come quelli di Ermogene) o certo minori assai del loro ingegno. Come quegli animali inetti alla generazione per l’eccesso della forza generativa (i muli). E la stupidità della vita è ordinariamente il carattere di tali persone o mentre ancora son giovani o da vecchi, come narrano che fosse detto a Pico Mirandolano. Quello che dico dell’intelletto e della filosofia, dico pure della immaginazione e delle arti che ne derivano. Esempio del Tasso, della sua pazzia, dell’essere i suoi  (1179) componimenti, quantunque bellissimi, certo inferiori alla sua facoltà ed a quegli stessi degli altri tre sommi italiani, a niuno dei quali egli fu realmente minore. E lo stesso dico eziandio di qualunque altra facoltà e disciplina particolare (17 giugno 1821).