Pagina:Zibaldone di pensieri II.djvu/362

(1025-1026-1027) pensieri 349

rono principalmente in occasione del concilio di Firenze (ivi) (9 maggio 1821).


*    Sebben l’uomo desidera sempre un piacere infinito, egli desidera però un piacer materiale e sensibile, quantunque quella infinità o indefinizione ci faccia velo per credere che si tratti di qualche cosa spirituale. Quello spirituale che noi concepiamo confusamente nei nostri desiderii o nelle nostre sensazioni  (1026) piú vaghe, indefinite, vaste, sublimi, non è altro, si può dire, che l’infinità o l’indefinito del materiale. Cosí che i nostri desiderii e le nostre sensazioni, anche le piú spirituali, non si estendono mai fuori della materia, piú o meno definitamente concepita, e la piú spirituale e pura e immaginaria e indeterminata felicità che noi possiamo o assaggiare o desiderare, non è mai, né può esser altro, che materiale, perché ogni qualunque facoltà dell’animo nostro finisce assolutamente sull’ultimo confine della materia ed è confinata intieramente dentro i termini della materia. (9 maggio 1821)


*    Se i principi risuscitassero le illusioni, dessero vita e spirito ai popoli e sentimento di se stessi, rianimassero con qualche sostanza con qualche realtà gli errori e le immaginazioni costitutrici e fondamentali delle nazioni e delle società, se ci restituissero una patria, se il trionfo, se i concorsi pubblici, i giuochi, le feste patriotiche, gli onori renduti al merito ed ai servigi prestati alla patria tornassero in usanza; tutte le nazioni certamente acquisterebbero, o piuttosto risorgerebbero a vita e diverrebbero grandi e forti e formidabili. Ma le nazioni meridionali massimamente, e fra queste singolarmente l’Italia e la Grecia, purché tornassero ad esser nazioni, diverrebbero un’altra volta invincibili. Ed allora  (1027) si tornerebbe a conoscere la vera ed innata eminenza della natura meridionale