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(294-295-296) pensieri 373

può (295) privarci di minore spazio di tempo e di minori godimenti, anzi di maggiori mali (fenomeno discusso ultimamente dai filosofi tedeschi, che ne hanno recato mille ragioni fuorché le vere: vedi lo Spettatore di Milano), sono, oltre quella che ho recata, mi pare, negli abbozzi della vita di Lorenzo Sarno, queste altre: 1°, Che coll’ardore e la forza della vitalità e dell’esistenza si estingue o scema il coraggio, e quindi a proporzione che l’esistenza è meno gagliarda l’uomo è meno forte per poterla disprezzare e incontrarne o considerarne la perdita. Anche i giovani piú facili a disprezzar la vita, coraggiosissimi nelle battaglie e in ogni rischio, sono bene spesso paurosissimi nelle malattie, tanto per la detta cagione della minor forza del corpo e quindi dell’animo, quanto perché non possono opporre alla morte quell’irriflessione, quel movimento, quell’energia che gl’impedisce di fissarla nel viso, in mezzo ai rischi attivi. 2°, Che molte cose vedute da lungi paiono facilissime ad incontrare e niente spaventose e in vicinanza riescono terribili e poi ci si trovano mille difficoltà, mille crepacuori; affezioni, progetti ec., che da lontano pareano facili ad abbandonare (296) per forza di ardore, di entusiasmo o di passione, disperazione ec., e da vicino rincrescono infinitamente quando la passione è sparita e le cose si considerano quietamente. 3°, Che la natura ha posto negli esseri viventi sommo amor della vita e quindi odio della morte, e queste passioni ha voluto e fatto che fossero cieche e non dipendessero dal calcolo delle utilità della maggiore o minor perdita ec. Quindi è naturale che gli effetti di questo amore e di quest’odio crescano in proporzione che la cosa amata è piú in pericolo e piú bisognosa di cure per conservarla e la cosa odiata piú vicina. 4°, Che i beni si disprezzano quando si possiedono sicuramente e si apprezzano quando sono perduti o si corre pericolo o si è in procinto di perderli. E come quel disprezzo era maggiore