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(156-157) pensieri 263

dendo dalle idee che ciascuno si forma della convenienza di una cosa con un’altra; laonde, se l’astratto dell’armonia può esser concepito dalle bestie, non perciò per loro sarà armonia e bellezza quello ch’è per noi. E cosí non è la musica come arte, ma la sua materia, cioè il suono, che farà effetto in certe bestie. E infatti come vogliamo pretendere che le bestie gustino la nostra armonia, se tanti uomini si trovano che non la gustano? Parlo di molti individui che sono tra noi, e parlo di nazioni, come dei turchi, che hanno una musica che a noi par dissonantissima e disarmonica. Eccetto il caso che qualche animale si trovasse in disposizione cosí somigliante alla nostra, che nella musica potesse sentire se non tutta almeno in parte l’armonia che noi ci sentiamo, vale a dire giudicare armonico quello che noi giudichiamo. Il quale effetto è piú difficile assai dell’altro sopraddetto del suono, tuttavia non è affatto inverisimile (6 luglio 1820).


*   Con questa distinzione di suono e armonia, l’uno cagione di effetto naturale e indipendente dall’arte e generale nell’uomo (effetto arbitrario della natura, e non già necessario astrattamente), l’altra di effetto naturale in astratto, ma dipendente dall’arte in concreto, comprenderete perché le bestie essendo talvolta influite dalla musica non lo sieno dalle altre arti. Ed è perché la materia della musica è cosí efficace nell’uomo e cosí generalmente e per natura, che non è maraviglia se la sua forza si estende anche ad altri animali, forse piú analoghi degli altri all’uomo per questa parte della loro natura. Ma non cosí la materia delle altre arti; eccetto i colori, i quali  (157) come fanno effetto naturale nell’uomo, cosí per legge di analogia (che va ammessa, non perché fosse necessario alla natura di osservarla, ma perché la vediamo osservata) congetturo che possano dar qualche diletto anche alle bestie, e forse se ne avrebbero delle prove.