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rivedrá la tua Sparta. Ivi fra poco

ti scorterá il tuo amante; io miglior face
arderò al mio imeneo. Soffrilo in pace.
Ermione. Pace, si, pace avrò. Non è dovere
che per alma spergiura io viva in pene.
A Pirro avea serbato
questo cor, questa mano. Ei la rifiuta.
Sai chi l’avrá? Sará mio Oreste, o, Pirro,
chi mi vendicherá de’ tuoi spergiuri.
Va pur. Della tua schiava
fa la tua principessa e la tua sposa.
Giura a lei quella fede
che togli a me. Porta agli altari e a’ numi
quel cor che m’abbandona.
Corri, va!
Ma verrá
tra le faci e gli altari
a trovarti il furor mio.
Né d’ Ermione abbandonata,
che condanni a’ patri lari,
questo è ancor l’ultimo addio.

SCENA IX

Pirro.

Benché donna ed inerme, il suo furore

non si trascuri; e piú, se la fomenti
Oreste amante, giovane e feroce.
Ma con lei s’armi Oreste, Ulisse e quanto
tien la Grecia in mio danno: oggi mia sposa
vo’ che Andromaca sia. Sol mi spaventa
quel core in cui col nome
di virtú si sostiene odio e disprezzo.
Ma cederá. L’astringeranno alfine