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Andromaca. Ermione, la fortuna

sovra tutti ha possanza.
Siamo, ove Troia fu. Cader può ancora
Sparta, regno minor. Tu, se mi sdegni
onorar qual regina,
misera mi rispetta; e se t’irrita
il credermi rivai, sappi che Pirro
per me oggetto è d’orror, né avrá lusinghe
tutta la sua fortuna a far ch’io l’ami,
come ha tutto il suo sangue a far ch’io l’odi.
Ermione. Se vero o falso sia l’odio che ostenti,
ora il vedrò. Sopra ad un pronto legno
fuggi il nimico amante.
Tebe antica tua patria o qual piú vuoi
altro lido t’accolga.
Eumeo. Mira come s’arretra e tace e stassi
qual chi cosa offrir s’oda aspra e funesta.
Andromaca. Ermione, a tua virtú grazie dar posso,
non fuggir servitú con atto indegno.
Ermione. Ma Pirro è il tuo nimico.
Andromaca. È il mio signore.
Ermione. Nulla in Troia rimane onde t’incresca
lasciarla.
Andromaca. Ettor vi giace, il morto sposo.
Eumeo. E Astianatte ove resta?
Andromaca. Il san gli dèi.
Ermione. Orsú, ti segua anch’egli.
Andromaca. Lo vedi al fianco mio? Povero figlio!
Eumeo. Tu perdi il tempo, e Andromaca non cerca
che pretesti a schernirti.
Ermione. Li cerca invan. Da’ ceppi
giá ti figuri il trono,
ma scegliti qual vuoi, fuga o pur morte.
Andromaca. Questa si, né altro ben da Ermione attendo.
Su, vieni! ed a quest’ara
che abbraccio mi vedrai cader tranquilla.