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T98 V - ANDROMACA

sparso del sangue mio, provochi alfine
sovra il capo di lei l’alte vendette.
Al re tu affretta il passo; ei forse a tempo...
Eleno. E ch’io ti lasci alla rivale in preda,
potendo al fianco tuo morir con gloria?
Andromaca. No, vivi ! Alla tua fede
commesso ho il caro figlio. A sé anche ignoto,
fa ch’ei cresca alla speme
dell’Asia, e allor conosca
qual Telemaco sia, quale Astianatte,
quando per lui risorger Troia e possa
un altro Ettore in lui temersi. I greci
forse non avran sempre un altro Achille.
Eleno. Ma forse ancor qui avranno il noto Ulisse.
Io il temo.
Andromaca. E che ne sai?
Eleno. Piú legni argivi
testé vidi non lunge.
Andromaca. Oh numi !
Eleno. Ad Ilio
tutto è fatai ciò che da Grecia approda.
Andromaca. Andromaca ne tema; Ilio è distrutto.
Va, corri, affretta Pirro! e se al ritorno
mi trovi estinta, ultimo uffizio sia
di tua pietá far che lo stesso avello
m’accolga in pace al mio consorte a canto.
Eleno. Ubbidirò. (Chiude le voci il pianto.)
(si parte sollecito per la via del monte)

SCENA IV

Andromaca.

O fortunate voi che non mai foste

madri né spose e insieme
con l’alta Troia rimaneste oppresse;