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5E credea già calmata ogni procella,
E sazio in parte il mio crudel destino,
E che il Ciel più sereno a me il divino
Raggio mostrasse di propizia stella.
Ma da barbaro clima un vento è sorto,
10Che mi sospinge a forza in uno scoglio,
Talchè il naviglio ahi fia dall’onde assorto!
E sì del vento rio cresce l’orgoglio,
Che la tema di morte in fronte io porto,
Ma pur convien ch’io vada ov’io non voglio.
XXIV1
Prese per vendicar l’onta e l’esiglio,
Marzio de’ vinti Volsci il sommo impero,
E impaziente inesorabil fero
Cinse la patria di fatal periglio.
5E ben potea sotto l’irato ciglio
Servo mirar lo stuol d’ Padri intero:
Ma si oppose Vetturia al rio pensiero,
E andò sola ed inerme incontro al figlio.
Quando a baciarla ei corse: allor costei:
10Ferma, che figli tu di rupi alpine,
E non di Roma o di Vetturia, sei.
Egli allor rese pace al campidoglio,
E quel che non potean l’armi latine,
Fè d’una donna il glorioso orgoglio.
XXV
Chi veder vuol come ferisca Amore,
E come tratti l’arco, e le quadrella,
Come incateni, e come di più bella
Fiamma accresca alla face eterno ardore:
5Venga: e miri l’altero almo splendore
Del mio bel Sole, e l’una, e l’altra stella,
La lieta guancia, e i bei crin d’oro, e quella
Fronte chiaro e gentil specchio del core.
- ↑ Vetturia.