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Indi con atto disdegnoso e bieco
Gittommi in faccia lo mio scritto, e disse:
Dallo alla Morte: ella ne parli meco.
XXII.
Un Cestellin di paglie un dì tessea
Tirsi, cantando appiè d’un verde alloro;
Dentro vi chiuse un bacio, e poi dicea:
Vanne in dono a colei per cui mi moro.
5Piacque l’opra ad Amor. Dentro al lavoro
Vezzi alla Madre tolti anch’ei chiudea,
E in un le punte di que’ dardi d’oro,
Che scelti sol per le bell’Alme avea.
Quando l’aprì la semplice Nigella,
10Il bacio del Pastor corse non tardo
A prender loco in sulla fronte bella.
Ogni vezzo si sparse al viso ond’ardo;
Verso il ciglio volaron le quadrella,
E son quelle ch’ognor vibra col guardo.
XXIII.
Al Tribunal d’Amore un dì n’andai
E dissi: o sommo Giudice de’ cori,
Io piansi e piango ogn’or, chè l’empia Clori
Mio cor si tolse, e nol mi rese mai.
5Rispose l’Avversaria: Io tel rubai?
Tu mel donasti: or qual s’udìo ne’ Fori
Legge d’antichi o di novelli amori,
Che renda io quel, che tu donato m’hai?
E quando (soggiuns’io) l’alma donata
10T’avessi ancor, giust’è che si ritoglia
Un sì gran dono a chi si rese ingrata.
Allora Amor che in un giudica, e regna:
Costei tenga il tuo cor: tu sempre in doglia:
Ciascun nel suo possesso si mantegna.
XXIV.
Quando per girne al Ciel di morte a scherno
Risorgerem da’ cupi avelli e mesti,