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III
Coronata di gigli e di viole
Tra molli rose in fredda urna giacea
In guisa estinta, che dormir parea,
La madre e figlia dell’eterna Prole.
5Quand’ecco scesa dall’eterna mole
Turba d’alati Amor, sorgi (dicea)
Sorgi, e ritorna al Ciel già donna, or Dea
Vaga lucida eletta al par del Sole.
L’alma Reina di repente a quelle
10Voci destossi, e dolcemente intorno
Girò le luci sfavillanti e belle.
Indi su cocchio di zaffiri adorno,
Cinta di lampi, ascese oltra le stelle
A far più chiaro sempiterno giorno.
IV1
Questa sì cara al Ciel nobil donzella,
Che tesori e piacer, gloria e grandezza
Con magnanimo piè calca e disprezza,
E d’amor frange altera arco e quadrella:
5Donne, non men che voi sentìa rubella
A virtude in suo cuor nascer vaghezza;
Che in alto stato al viver molle avvezza
Fu da’ primi anni, ed è pur donna anch’ella.
Ma non soffrì, che in vili aspre catene
10Gemesse l’Alma, e generose e liete
Alzò le brame all’immortal suo Bene.
Or voi, che tristo il guardo a lei volgete,
Per lei di sciocca e ria pietà ripiene,
Deh sovra voi del vostro mal piangete!
V2
Se dell’immensa tua somma bontade
Gli occhi a me non volgevi eterno Amore,
Questo sì cieco un tempo errante cuore