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IV1


Chiudeva i vaghi lumi in dolce obblìo
     Quel, che dà legge agli astri, e imper’ai venti,
     Tacean l’aure d’intorno, e i molti argenti
     Teneva immoti ossequioso il Rio.
5Nel silenzio commun volea sol’io
     Al Fanciullo formar nenie innocenti,
     Ma d’un profano stil rime dolenti
     Potean turbare il sonno al nato Dio:
Quando, o Fidanna, udii quell’amoroso
     10Tuo canto del celeste esempio e norma,
     Ch’al Bambin lusingava il bel riposo.
Segui a cantare: e se per l’Uom riforma
     Quel sonno d’Eva il male, in suon pietoso
     Donna più saggia canti, acciocch’ei dorma.


DOTTOR FRANCESCO MARIA REDI.


I


Donne gentili, devote d’Amore
     Che per la via della Pietà passate,
     Soffermatevi un poco, e poi guardate
     Se v’è dolor che agguagli il mio dolore.
5Della mia Donna risedea nel cuore,
     Come in trono di gloria, alta onestate,
     Nelle membra leggiadre ogni beltate,
     E ne’ begli occhi angelico splendore.
Santi costumi, e per virtù baldanza,
     10Baldanza umìle, ed innocenza accorta,
     E fuor che in ben’oprar, nulla fidanza:
Candida Fè, che a ben amar conforta,
     Avea nel seno, e nella Fè costanza:
     Donne gentili, questa Donna è morta.

  1. Vedi il Sonetto III. di Petronilla Massimi Paolini, pag. 280.