Pagina:Zappi, Maratti - Rime I.pdf/301


253

     E tra lor veggio me, che pien d’orrore
     Spargo vane querele, inutil voce.
E scorgo al fin che di mie tante pene
     10Cagione è solo il dolce ardor, ch’elice
     Dagli occhi suoi la mia tiranna Irene.
Indi fiero destino odo, che dice:
     Soffi misero pur le tue catene,
     Che sperar libertade a te non lice.


III1


Forte Campion, ch’in sul bel fior degli anni
     De’ due cammini al destro il piè volgeste,
     E tai sproni di gloria al fianco aveste,
     Che sprezzaste di morte acerba i danni.
5Voi ne giste a gioire, e noi d’affanni
     Colmi lasciaste in cure aspre e moleste;
     Pianse Roma il suo fato, e intanto feste
     Con vostre Opre stancar di Fama i vanni.
Superbo è il Pò del vostro sangue tinto,
     10Che per voi la sua Reggia aver non mira
     Da germanico ferro il piede avvinto.
E in voi confuse Italia tutta ammira
     Di sue speranze il più bel fiore estinto,
     E sulla vostra tomba egra sospira.


IV


Erano i miei pensier rivolti altrove,
     Allor che Dio vibrò di grazia un raggio,
     Che chiamolli, e gustar fe’ lor un saggio
     Dell’alto immenso ben, ch’egli a noi piove.
5E qual Ape, se in Ibia avvieni che trove
     Più dolce umor, s’arresta in suo viaggio;
     Tal l’intelletto mio reso più saggio
     Tutto s’immerse in le delizie nuove.
Finch’ei per lor dal basso fango tolto
     10Se vide in Cielo appo il divino Amore,

  1. In morte del Maggior Riviera, morto in fatto d’Armi.