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Torna d’Averno al tormentoso regno
In preda al cieco tuo livor dannata.
Te stessa ivi divora, e da ogni vena
10Il sangue suggi, fermi, agghiacci, ed ardi,
E ognor morendo vivi alla tua pena.
Vanne, vanne crudele, a che più tardi?
A che, s’ogni tua voglia hai sazia, e piena,
Con bieco e torvo ciglio ancor mi guardi?
DOMENICO LAZZARINI.
I1
Se da te apprese, Amore, e non altronde
Quel dolce stil che ti fa tanto onore,
Questo Cigno beato, il cui migliore
Or gode in Cielo, e ’l frale Arquà nasconde:
5Se bello al par della famosa fronde,
Che in Sorga l’arse di celeste ardore,
Fu ancor quell’altro mio lume e splendore
Tra l’Esino e l’Aterno, e ’l monte e l’onde:
Perchè poi le sue rime alzare e ’l canto
10Sì, ch’ei n’andasse al Ciel come colomba:
E me verso di lui lasciar nel fango?
Nè pur io, come in lui potessi tanto,
Veggio risponde; e questa sacra tomba,
Son tre secoli e più, ch’io guardo, e piango.
II2
Cigno immortal, questo Garzon3, che riede
Meco sovente al freddo sasso intorno,
Dal Tebro venne al mio basso soggiorno;
Tanto delle bell’arti amore il fiede!
5Germe è di lui, che nel Tarpeo già diede
- ↑ In lode di Francesco Petrarca
- ↑ In lode del medesimo.
- ↑ Prospero Colonna, poi Cardinale.