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II
Nel dolce tempo de l’età fiorita
Vidi una Donna, che le trecce bionde
In riva al mare, tacita e romita,
Scioglieva a lo spirar d’aure seconde;
5Che a sè chiamato a rimirar m’invita,
Maravigliando, per le vie profonde
Piccola naviccila irsene ardita
Tra scogli e sirti, al furiar de l’onde.
E disse poi: se ’l temerario Pino
10Naufrago andrà, s’incolperà Fortuna,
Che il trasse al mar dal natìo giogo alpino:
Ed io mi taccio, e non ho parte alcuna
Ne’ secreti del Cielo e del Destino;
Solo in me l’Uom tanta possanza aduna.
III
O Nave, o nave, che per l’alto mare
Nuoti, e sicura dai le vele al vento,
Credi, che serbi il mobile elemento
Sempre l’onde tranquille e sempre chiare?
5Oh quante volte ho vedut’io mutare
Faccia a la dolce calma in un momento,
Ed oscurarsi il Cielo, e lo spavento
Forte gridando, sulla poppa stare;
Ed ho veduto a Ciel sereno ancora
10Ne’ ciechi scogli, che copriva l’onda,
Urtar col fianco l’infelice prora;
E i remi rotti, e gli alberi a seconda
Andar de l’acque, e sparse in poco d’ora
Le ricche merci su l’arena immonda.
IV
Furia, che all’altrui danno, e tuo sei nata,
E sol d’odio ti nutri, e di disegno,
Che ridi al nostro male, e a bene irata
Mordi le man d’atroce rabbia in segno.
5Poichè tu m’hai con empio strazio indegno
L’ira, che il cor ti rode, in me versata,