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Questo, che, scosso di sue colpe il peso,
Sull’ali alfin sen vola a te d’Amore.
5Non perchè te d’altra vendetta acceso
Ei vegga, i suoi delitti ave in orrore:
Che Ciel? che Inferno? Ah per un Nume offeso
Da più nobil cagion nasca il dolore.
Te solo in te, non il tuo bene io bramo;
10Nè il mio mal temo, e solo i falli miei,
Perchè nemici all’amor tuo, disamo.
Nè perchè m’ami, io t’amo; io t’amerei
Crudele ancor, come pietoso io t’amo;
Amo, non quel, che puoi, ma quel, che sei.
IV
Colti v’ho pur, fischiando allor qual angue,
Polifemo gridò; ne l’empia tresca;
Ma se l’usato in me vigor non langue,
Aci, non fia, che tu di mano or m’esca.
5Dal seno il cor strapparti, e del tuo sangue
Vuo’, che la spiaggia e ’l mar rosseggi, e cresca,
E la perfida vegga il caro esangue
Corpo giacer, di fere orribil esca.
Tacque, e gran sasso svelse, e giù dal monte,
10Poichè sopra a se tutto alzato l’ebbe,
Lo scaglia, ond’Aci allor percosso in fronte
Cadde, e di Galatea tanto gl’increbbe,
Che per seguirla trasformossi in fonte,
E nuovo fiume al suo bel mare accrebbe.
V
Oh dolce vin, mio solo amor, mia Dea,
Sommergitor d’ogni altra cura avversa!
Viva Bacco, evoè, che il cor mi bea
Evoè, spandi, spandi, versa, versa
5Or vada, si precipiti dispersa
La greggia mia, purchè a ribocco io bea;
Purch’io bea, m’odi ognor quella perversa,
E Polifemicida Galatea.
Ma ve’ laggiù, com’ella in riva opaca