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da orbi. Dopo una ventina di minuti di pugilato, i due amici si lasciarono: Ciuffettino aveva strappato a Burchiello i bottoni della giacca, e Burchiello aveva strappato a Ciuffettino il colletto e la cravatta...

Anche questa volta, fatti i conti, erano pari.

— Rendimi il mio colletto!

— E tu rendimi i miei bottoni!

— E facciamo la pace!

— Facciamola pure!

Senza stare a pensarci sopra, si dettero la mano, si abbracciarono, si baciarono, e giurarono di non leticare mai più.

— E ora? - disse Ciuffettino, grattandosi un orecchio a sangue - col padrone come si fa?

— Te l’ho già detto che ci ho un’idea! Al padrone arrostiremo un gatto.

— Un gatto?

— Sicuro: i gatti, tanto, somigliano alle lepri tal quale. Io lo so perchè il mi’ babbo dà sempre ai suoi avventori del gatto, dicendo: - Ecco: questa è quella lepre che ho ammazzata ier l’altro...

— O dove lo troviamo, il gatto?

— Si cerca, toh!

— Pigliamo il gatto di bottega!

— Giusto! Micio, micio, micioooo...

— Non vuol venire... Eh! ma lo acchiappo: intanto, tu, accendi il fuoco...

Ciuffettino rincorreva il gatto per la bottega, ma il gatto, prevedendo il fatale pericolo che lo minacciava, faceva dei lanci incredibili, di qua e di là, e ogni tanto si ficcava negli angoli più oscuri, per riscappare al momento opportuno. Burchiello, nella smania di attivare il fuoco, aveva strappato la corda del mantice. Per non fare altri malanni, accese tutti i libri