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I pappagalli risposero con una risatina rispettosa, ma sardonica.

— Vostra Maestà non dubiti!... - disse Beccolungo.

— ... non dubiti! - ripetè Beccocorto.

Il tragitto aereo si compì in pochi minuti.

Ecco Ciuffettino seduto in un bel nido fatto di rami intrecciati maestevolmente e imbottito di superbe piume azzurre, rosse, gialle, verdi e color dell’oro. E quel nido maraviglioso era piantato su la biforcatura di un alto albero, nel bel mezzo della foresta.

Intorno a Ciuffettino, su i rami degli alberi stavano appollaiati, a gruppi di due, di tre, di quattro, dei graziosi perrocchetti, dei maestosi kakatoa, dei superbi pappagalli cinerini, verdi e rossi, delle are colossali, dai colori mirabili. Alcuni di quei pappagalli, forse per la vecchiaia, portavano gli occhiali; altri tenevano sotto l’ala dei grossi scartafacci; altri, ancora, erano decrepiti e malconci, però si coprivano le membra spennacchiate, con delle piume di altri uccelli, attaccate a furia di gomma e di colla di pesce.

Il più vecchio dell’assemblea - un decrepito kakatoa che aveva perduto la cresta rossa, e portava piume finte e gli occhiali - dopo aver confabulato a lungo con Beccolungo e Beccotorto, esclamò, rivolto al nostro eroe:

— Tu sei il successore di Ciuffettino XXXIV, il nostro grande imperatore morto per aver mangiato del prezzemolo con le patate. Tu sei colui che attendevamo. Ricordati però, che se tu sei l’Imperatore, io sono il tuo primo ministro, e sono anche perciò presidente del Consiglio. Tu avrai nelle tue mani le nostre ricchezze e le nostre sostanze. Però non potrai disporne in nessuna maniera, senza il nostro consenso, che non ti accorderemo mai. Ti serviremo tutti fe-