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— «Non me ne importa un fico dei cantanti di Antiochia» — esclamò il Greco. — «Tu sei, come sono io, un adoratore di Afrodite, quindi ti assicuro che le loro voci sono fredde come il vento del Caspian. Vedi tu questa cintura? è un regalo della grande Salomè.» —

— «La sorella del Re! esclamò il Cipriotto con un altro inchino.

— «È di un gusto regale e ammirevole. E perchè no? Essa è più greca del Re. Ma... la mia colazione? Ecco il tuo danaro. Rame rosso di Cipro. Dammi dell’uva e...

— «Non vuoi anche dei datteri?» —

— «Non sono arabo.» —

— «Neppure dei fichi?» —

— «Questo sarebbe come prendermi per un Ebreo. No, solo dell’uva desidero. Per i Greci nulla vi è di migliore del vino.» —

Questo cantore azzimato, in mezzo alla confusione del mercato è una figura che difficilmente si dimentica, ma, come per sfidarci al paragone, un’altra persona lo segue destando tutta la nostra meraviglia.

Egli s’avanza piano piano, colla testa bassa; si ferma ad intervalli, rivolgendo gli occhi al cielo, come per pregare. Un simile tipo non può trovarsi che in Gerusalemme. Appesa ad un nastro che gli tiene fermo il mantello sporge sulla fronte una busta di pelle, di forma quadrata; un’altra uguale è legata da una fettuccia al braccio sinistro, gli orli del suo abito sono ornati di una frangia alta: e da questi indizi, dal suo costume e dall’odore di santità intensa che si diffonde intorno a lui, lo riconosciamo per un Fariseo di una società religiosa, una setta politica, il cui bigottismo e il cui potere porteranno in breve tempo molti dispiaceri al mondo. La folla è assai densa al di là delle porte sulla strada di Joppa. Lasciando il Fariseo siamo attratti da alcuni gruppi di persone, le quali, ad agevolare il nostro studio, se ne stanno opportunamente in disparte. Vediamo, primo fra essi, un uomo di nobile aspetto, dalla carnagione chiara e fine, dagli occhi neri e lucenti, dalla barba lunga ed abbondante, ricco d’unguenti, vestito riccamente in modo adatto alla stagione. Teneva in mano una bastone e portava sospeso al collo, per mezzo di un cordone un grande sigillo d’oro. Era scortato da parecchi servi; alcuni di essi portavano delle piccole spade alle cinture, e, quando gli rivolgevano la parola, lo facevano col massimo rispetto.