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loro figli, per lo più prigionieri di guerra, scelti per la loro forza. Qui un Britanno; più innanzi un Libio, più indietro un Sarmata, più in là uno Scita, un Gallo, un Greco. Forzati romani insieme a Goti, Longobardi, Ebrei, Etiopi, Egiziani, e barbari delle rive della Meotide. Qui un Ateniese, là un selvaggio dell’Ibernia rosso-chiomato, là un gigante Cimbro dagli occhi azzurri.

Il lavoro dei rematori era troppo materiale per dare occupazione alla loro intelligenza. Spingere innanzi il corpo, sollevare il remo, librarlo, immergerlo, ecco tutto; movimenti che raggiungevano la massima perfezione quando diventavano automatici. Anche la sollecitudine del pericolo derivante dalle onde riottose divenne col tempo meramente istintiva. Il risultato del lungo servizio era un armento di povere creature abbrutite, pazienti, avvilite; corpi muscolosi e intelligenze esaurite, che vivevano di memorie, poche in genere, ma care, decadendo finalmente ad uno stato semi-incosciente, in cui il dolore si ottunde e diventa abitudine e l’anima acquista una straordinaria tenacia.

Da destra a sinistra, un’ora dopo l’altra, il Tribuno volgeva i suoi sguardi, pensoso di tutto tranne dell’infelicità degli schiavi sopra i loro banchi. I loro movimenti precisi, uguali dall’una e dall’altra parte del bastimento, in breve divennero monotoni; allora egli si divertì ad osservare i singoli individui. Col suo stilo notava tratto tratto le deficienze di alcuni, pensando che avrebbe trovato fra i pirati dei sostituti migliori.

Non v’era bisogno di ricordare i nomi degli schiavi, che entravano nella galera come in un sepolcro; bastavano, per distinguerli, dei numeri segnati sopra i sedili ai quali ciascuno era destinato. Nel loro viaggio di esplorazione gli occhi del grand’uomo arrivarono finalmente sopra il numero sessanta, e vi si arrestarono.

Il sedile del numero sessanta era alquanto più alto della piattaforma e distava da lei pochi passi. La luce che scendeva attraverso il graticcio sul capo del rematore lo rivelava intieramente allo sguardo del Tribuno — dritto, e nudo fino alla cintola come i suoi compagni. Parecchi tratti parlavano tuttavia in suo favore. Era molto giovane, non più che ventenne. Arrio non era poi solamente dedito ai dadi, ma era conoscitore di uomini fisicamente, e, quando era a terra, amava visitare i ginnasi e le palestre per vedere ed ammirare gli atleti più famosi. Un professore gli aveva detto una volta che la forza dipendeva piuttosto dalla qua-